Alla vigilia di San Valentino, il giorno 13 febbraio si decise di istituire una tassa sul celibato. Niente allarmismo, si tratta semplicemente di storia. Ci troviamo nel 1927, in pieno regime fascista quando il 13 febbraio, alla vigilia di San Valentino, fu istituita la tassa sul celibato nel quadro della politica demografica del fascismo, attuata, però, senza grandi risultati. Allora, infatti, si pensava che la potenza di una nazione, in termini militari, fosse direttamente proporzionale alla sua popolazione.

In Italia, poi, si deve anche pensare che in quel periodo la popolazione era molto scarsa a causa dei molti morti patiti durante la prima Guerra Mondiale e alla scarsa natalità dovuta alla stessa guerra.

 

Tassa sui celibi: chi interessava?

La tassa sui celibi istituita dal fascismo alla vigilia del San Valentino 1927 (fu un caso la scelta della data?) interessava tutti i giovani celibi di età compresa tra i 25 e i 65 anni che dovevano versare un contributi fisso in base all’età: per le fasce più giovani il balzello era di 70 lire per salire fino a 100 per chi aveva almeno 50 anni, ed abbassarsi, poi con l’aumento dell’età. Dopo i 66 anni si era esentati dal pagamento annuale.

Gli importi, poi, vennero aumentati in 2 occasioni, la prima nell’aprile del 1934 e la seconda nel marzo 1937: un’aliquota aggiuntiva alla tassa in base al reddito del soggetto celibe.

La tassa, ovviamente, era impopolare e venne, poi, abolita dal Governo Badoglio nel luglio 1943.

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