Fare la spesa da ieri costa di più: e non ci riferiamo all’aumento dei prezzi dei beni di consumo ma alla novità dei sacchetti per frutta e verdura a pagamento. Con il nuovo anno è entrata in vigore la cd tassa sulla plastica anche se non tutti i supermercati a dire il vero sono pronti per i sacchetti di frutta e verdura a pagamento ma biodegradabili anche perché non si è ancora capito quale sarà il sovrapprezzo applicato. La legge tuttavia prevede una sanzione amministrativa da 2.500 euro a 25.000 euro all’esercente non in regola con la voce di spesa relativa, appunto, al sacchetto nel documento fiscale di vendita.

Arianna Capri, vicepresidente Federfarma Verona, ha messo le mani avanti spiegando che non è intenzione delle farmacie lucrare su questa novità e che l’importo chiesto ai clienti per le buste di plastica a pagamento sarà simbolico. Malcontento anche tra molti direttori dei supermercati che da oggi si troveranno a dover rispondere alle lamentele dei clienti, di quelli che non sapevano e, al momento di pesare frutta e verdura avranno l’amara sorpresa e di quelli che, pur avendo letto dell’obbligo di mettere sacchetti per frutta e verdura a pagamento, speravano in un ripensamento all’ultimo minuto o almeno ad una proroga. Ma dunque chi sorride della nuova tassa sulla plastica (o sulla spesa?)?

Sacchetti frutta e verdura a pagamento: scelta “democratica”?

Da un lato si è giustamente osservato come la tassa sui sacchetti di plastica servirà a limitare lo spreco di queste buste riducendo l’impatto sull’ambiente. Ma c’è una serie di dati e di coincidenze quantomeno sospette che, per dovere di cronaca, non possiamo ignorare. Il balzello sulla spesa al supermercato è stato introdotto ad agosto scorso: in clima ferie il Pd è stato compatto nell’approvare la novità sui sacchetti di plastica a pagamento dal 2018.

E così la norma è stata infilata in un decreto a ben vedere poco inerente, ossia il Dl Mezzogiorno.

Marco Versari presidente di Assobioplastiche plaude da subito la norma. Sul sito della Novamont, l’azienda a cui si deve l’invenzione dei sacchetti in MaterBi (materiale biodegradabile a base di mais) spunta perfino un sondaggio secondo il quale i consumatori italiani sarebbero in maggioranza contenti di pagare. Legato al Pd è l’amministratore delegato della Novamont, Catia Bastioli (nominata lo scorso anno cavaliere del lavoro da Mattarella).

Facciamo due conti su quello che l’azienda guadagnerà con l’obbligo dei sacchetti della spesa a pagamento: la ditta è l’ unica italiana a produrre il materiale per i sacchetti bio e detiene l’ 80% di un settore del mercato che, dopo la legge, fa particolarmente gola: nel 2018 i sacchetti saranno venduti in media a due centesimi l’ uno. Prendendo per buone le stime secondo cui ne consumiamo ogni anno 20 miliardi, si sta parlando dunque di un business potenziale di 400 milioni di euro l’ anno.

Con questo non si vuole negare che vi sia anche un riflesso ecologico in questa decisione. Nello stesso piano rientra l’abolizione dei cotton fioc non biodegradabili dal 2019 e dei cosmetici contenenti microplastiche dal 2020. In media circa 8 milioni di tonnellate di plastica ogni anno finiscono nei mari di tutto il mondo e i polimeri microscopici vengono ingurgitati dai pesci