Parliamo di furti ai danni del coniuge. In particolare cerchiamo di fare chiarezza su un tema controverso: si può rubare al marito o alla moglie? Di seguito tutte le spiegazioni del caso.

Cosa dice la legge

La legge è molto chiara in merito: i furti ai danni del coniuge non sono punibili, salvo separazione o casi di sequestro, rapina o estorsione. In sostanza il codice penale, nell’articolo 649, dice che chi ruba un oggetto del marito o della moglie non può essere querelato, stessa cosa nel caso il furto riguardi un altro parente stretto, come genitori o fratelli, purché conviventi.

Chi ruba ad un parente sarà prosciolto perché non si può procedere contro un parente stretto. Chi subisce il furto, nel caso di comunione dei beni, può semplicemente chiedere che venga ripristinata la comunione, quindi si chiede l’ottenimento del 50% del valore del bene o l’acquisto di un altro oggetto identico a quello sottratto. Questo accade perché secondo la legge rubare al coniuge non è reato e l’unica procedura da seguire è quella del risarcimento del danno.

Ci sono comunque delle eccezioni che fanno capo ai reati di rapina, sequestro a scopo di estorsione o estorsione. Nel caso di rapina, infatti, si presume che l’oggetto di cui ci si è impossessati sia legato alla violenza alla persona o minaccia. Quindi se la violenza è attuata ai danni della sola cosa non è ipotizzabile nessun reato mentre se la rivendicazione di ottenere un oggetto avviene minacciando il coniuge si incorre in reato. In merito a tutto ciò si è espressa di recente la Corte Costituzionale criticando questa disposizione che al giorno d’oggi non soddisfa più il bisogno di assicurare i diritti individuali e gli stessi doveri di rispetto e solidarietà, dunque mettendo in luce che ci sarebbe bisogno di una revisione delle stesso in base alla realtà attuale.