In considerazione dell’’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, al fine di garantire la continuità dell’attività aziendale ed allo stesso tempo tutelare la sicurezza e la salute del personale in relazione al contenimento del contagio dal virus, molte aziende hanno disposto che i propri dipendenti, prestassero la propria attività lavorativa in smart working.

Alcune aziende concedono, al dipendente in smart working, un rimborso forfettario (ad esempio del 30%) dei consumi effettivi (come risultanti dalle fatture periodiche emesse a suo nome o a nome del coniuge convivente), delle spese documentate per il costo della connessione ad internet e per l’utilizzo della corrente elettrica, dell’aria condizionata o del riscaldamento prevedendo, altresì, che dette somme abbiano, a tutti gli effetti, natura risarcitoria.

A fronte di ciò, una società, con apposita istanza di interpello ha domandato all’Agenzia delle Entrate se tali rimborsi spese smart working concorrano alla formazione del reddito da lavoro dipendente e, quindi, sono da assoggettare al relativo trattamento fiscale e previdenziale.

Scatta la tassazione per i rimborsi spese smart working

L’Agenzia delle Entrate fornisce riscontro alla richiesta di chiarimenti attraverso la Risposta n. 328/E dell’11 maggio 2021, i cui in primis è ricordato che ai sensi del comma 1 art. 51 del TUIR, concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente

tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono.

Si tratta del c.d. “principio di onnicomprensività”, in base al quale, in genere, costituiscono reddito da lavoro dipendente tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese.

Detto ciò, l’Agenzia delle Entrate giunge a concludere che i rimborsi spese per i dipendenti in smart working, sulla base di un criterio forfetario, non supportati da elementi e parametri oggettivi, non possano essere esclusi dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e ciò in quanto manca una specifica disposizione di legge che lo preveda.

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