La riforma pensioni rischia di non vedere la luce. I media ne parlano a tutto spiano quasi a scongiurare un male endemico italiano: quello di rinviare sempre tutte le questioni spinose. Ma di fatto le trattative con sindacati sono interrotte.

Dallo scoppio della guerra in Ucraina la riforma pensioni è passata in secondo piano. E siamo a maggio. Nel Def 2022 non se ne fa nemmeno cenno, mentre sul fronte economico si danno contentini da 200 euro e si prende tempo.

Riforma pensioni in salita

Del resto il premier Draghi lo ha sempre detto: la riforma pensione dovrà essere finanziariamente sostenibile.

Il che significa essenzialmente che non si potrà più fare ricorso al deficit, come avvenuto con quota 100.

A maggior ragione adesso che l’inflazione sta assorbendo risorse finanziarie e che, in previsione, richiederà una rivalutazione nel 2023 delle pensioni dell’ordine di 10-12 miliardi di euro. Inutile farsi illusioni, quindi, anche perché modificare l’attuale assetto pensionistico per evitare il ritorno alla Fornero richiederebbe manovre a debito.

Draghi non ha, poi, mai disegnato il ritorno per tutti alle regole Fornero. Soprattutto dopo che quota 100 ha appesantito ulteriormente le spese dell’Inps senza peraltro liberare spazio a nuove

Le elezioni politiche 2023

Sullo sfondo ci sono, infine, anche le elezioni politiche 2023. Un appuntamento importante al quale nessun partito di governo intende presentarsi con le mani sporche per una riforma pensioni che rischia di essere impopolare.

L’idea di tagliare le rendite concedendo la pensione anticipata a partire dai 64 anni di età è infatti una mossa che, benché giusta e salutare, rischia di passare per un “tradimento” nei confronti dei lavoratori.

Il premier Draghi lo sa benissimo e quindi la riforma pensioni pare abbia poche chances di essere fatta quest’anno. Piuttosto si andrà a prorogare ancora una volta le deroghe alla Fornero che già ci sono (Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 102), ma stravolgere l’assetto pensionistico in questo momento delicato appare troppo rischioso.

Per gli esperti è quindi molto probabile che nulla sarà fatto nemmeno quest’anno. Tutto sarà rinviato al prossimo governo che nascerà dalla nuova legislatura. Tanto a pagare il conto saranno sempre i lavoratori, spettatori del solito show politico all’italiana.