Il tavolo tecnico della riforma pensioni è ormai fermo da mesi. Prima lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina e poi la crisi di Governo, hanno messo in soffitta non solo il tavolo ma anche le sedie.

Le prospettive non sono rosee. Il 25 settembre 2022 si vota per il nuovo Parlamento. A seguire (e si spera a breve) le parti politiche dovranno accordarsi per chi dovrà essere il nuovo Presidente del Consiglio post Draghi. Se la scelta non andrà per le lunghe poi si formerà la nuova squadra dei Ministri.

Solo dopo, il nuovo esecutivo potrà, se lo considera una priorità, concentrarsi sul tema della riforma pensioni.

Riforma pensioni, le proposte concrete dei sindacati

Il rischio per adesso è che la riforma del sistema pensionistico italiano diventi solo propaganda elettorale. C’è però chi non ci sta e chiede concretezza nelle azioni. Sono i sindacati a volere questo.

Queste le proposte (di Cgil, Cisl e Uil) che si pongono all’attenzione delle parti politiche nel momento in cui andranno a governare con il nuovo assetto:

  • una riforma pensioni strutturale e organica del sistema
  • flessibilità in uscita dal mondo del lavoro partire da 62 anni
  • Quota 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica
  • pensione contributiva di garanzia per i lavoratori precari e discontinui
  • riconoscimento del lavoro di cura e delle donne
  • valorizzazione dei lavori gravosi
  • superamento delle rigidità dei requisiti che non hanno più senso in un sistema sempre più contributivo
  • tutela del potere d’acquisto delle pensioni in essere.

Ci sono poi le questioni più imminenti da risolvere, ossia Ape social (che è da rafforzare ed allargare) e la fine di Opzione donna e Quota 102 in scadenza il 31 dicembre 2022.