La riforma pensioni perde colpi, ma il governo tenta di rassicurare gli animi. Anche se, si sa, in politica gli impegni presi valgono come le promesse dei marinai.

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha infatti assicurato che, nonostante il silenzio attuale sulle pensioni, il tema della riforma sarà affrontato dal governo non appena possibile. Con lo scoppio della guerra in Ucraina le priorità sono diventate altre.

Riforma pensioni, la posizione del governo

Di fatto il Ministero dell’Economia sta monitorando la situazione facendo calcoli e previsioni di spesa che lo Stato dovrà sostenere nei prossimi anni.

Già si sta intervenendo a colpi di miliardi per difendere salari e pensioni.

In prospettiva, poi, ci sarà da considerare le rivalutazioni di tutte le prestazioni previdenziali che peseranno per almeno 12-13 miliardi di euro a partire dal 2023. Logico quindi presupporre che il governo voglia avere ben chiara la situazione di bilancio prima di spendere altri soldi per la riforma pensioni.

Aggiungere altre spese in questo momento sarebbe come gettare benzina sul fuoco. E far esplodere il debito pubblico (già elevato) senza un adeguato sostegno economico di crescita duratura e stabile.

La situazione è pesante e Draghi prende tempo

Sullo sfondo ci sono anche le elezioni politiche 2023. Un appuntamento importante al quale nessun partito di governo intende presentarsi con le mani sporche per via di una riforma pensioni che rischia di non piacere.

L’idea del governo di tagliare le rendite concedendo la pensione anticipata a partire dai 64 anni di età è infatti una mossa che, benché giusta e salutare, rischia di passare per un “tradimento” nei confronti dei lavoratori.

Il premier Draghi lo sa benissimo e quindi la riforma pensioni pare abbia poche chances di essere fatta quest’anno. Piuttosto si andrà a prorogare ancora una volta le deroghe alla Fornero che già ci sono (Ape Sociale, Opzione Donna e forse Quota 102), ma stravolgere l’assetto pensionistico in questo momento delicato appare troppo rischioso.

Per gli esperti è quindi molto probabile che nulla vedrà la luce nemmeno quest’anno. Tutto sarà rinviato al prossimo governo che nascerà dalla nuova legislatura. Tanto a pagare il conto saranno sempre i lavoratori, spettatori del solito show politico all’italiana.