Opzione Donna verso l’addio con la riforma pensioni 2022. Lo propone il governo Draghi, insieme quota 102 per superare lo scoglio della fine di quota 100. Sarà però il Parlamento a decidere durante l’approvazione della delle di bilancio.

La eliminazione di Opzione Donna sarebbe una batosta per le lavoratrici. Ma anche una presa in giro, visto e considerato che il premier si è sempre proteso a difesa di giovani e donne. Ma il Consiglio dei Ministri ha dovuto inviare a Bruxelles un programma che piaccia ai tecnocrati europei.

Poi si vedrà.

Via Opzione Donna con la riforma pensioni 2022?

Che Opzione Donna sia da rivedere non c’è ombra di dubbio. Che sarà di colpo abolita è tutto da vedere. La riforma pensioni 2022 del resto dovrà tenere conto delle esigenze di bilancio e altre manovre in deficit non saranno consentite.

La strada obbligata, per il dopo quota 100, è quindi quella di un allungamento dell’età pensionabile dei lavoratori e delle lavoratrici, anche per le pensioni anticipate. Uscire a 62 anni, come previsto finora da quota 100 sarà quindi impossibile.

Bisognerà attaccarci almeno un anno in più, forse due, per avvicinarsi gradualmente ai requisiti previsti dalla Fornero (in pensione a 67 anni). Logico presupporre che la riforma pensioni 2022 coinvolgerà anche le donne e Opzione Donna in particolare.

La pensione per loro potrebbe arrivare (con Opzione Donna) non più a 58 anni, ma a 60 o anche 61. Come ha detto anche Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, ai microfoni de Il Sole 24 ore.

Donne in pensione a 60 anni, forse 61

Del resto Opzione Donna non pesa sul bilancio degli enti pensionistici. Lo ha precisato anche il presidente del Inps Pasquale Tridico, raccomandando maggiore tutela alle lavoratrici quando parlava di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro.

Come noto, poi, chi sceglie di andare in pensione con Opzione Donna accetta una forte penalizzazione. La pensione è infatti liquidata solo con il sistema di calcolo contributivo, anche per i versamenti effettuati prima del 1996.

Ne deriva un taglio dell’assegno che in alcuni casi raggiunge il 28% rispetto al pensionamento ordinario di vecchiaia.

Per cui lo Stato da questo punto di vista risparmia soldi. E’ quindi ragionevole presupporre che il Parlamento non approverà la proposta avanzata dal governo, ma cercherà una soluzione a metà strada fra l’abolizione radicale di Opzione Donna e la sua proroga con requisiti diversi.