La riforma pensioni riguarderà in particolare le donne. O meglio, non interverrà sull’impianto legislativo che prevede l’uscita anticipata delle lavoratrici con opzione donna.

Posto che quota 100 volge al tramonto a fine anno, per le donne che decidono di lasciare il lavoro in via anticipata esiste già un canale preferenziale. Si chiama appunto opzione donna e prevede il pensionamento a 58 anni di età (59 per le autonome) con 35 di contributi.

Opzione donna verso la proroga

Per le lavoratrici è stato finora un toccasana per lasciare in anticipo il lavoro.

Soprattutto fra chi è alle dipendenze di una azienda. Ma anche nel pubblico impiego, dove la grande fuga ha toccato principalmente il comparto scuola.

Per una donna, infatti, oltre al lavoro, vi sono tante altre incombenze e lavoretti domestici che, pur non essendo remunerati, sono a tutti gli effetti un secondo lavoro.

Il governo ha quindi intenzione di mantenere aperto questo canale opzionale per andare in pensione, anche se l’idea sarebbe quella di innalzare di un anno l’età pensionabile.

In pensione con un anno in più

Dal 2022, quindi, opzione donna sarà quasi sicuramente prorogata e forse resa strutturale. Ma si sta pensando di alzare i requisiti anagrafici di un anno. Quindi 59 anni di età per le dipendenti e 6 per le autonome.

Al contempo dovrebbe essere concesso uno sconto di 1 anno per chi ha figli o familiari con handicap a carico, sulla falsariga di quanto avviene per Ape Sociale. In buona sostanza l’età anagrafica aumenterebbe solo per alcune lavoratrici, ma non per tutte.

Attendere un anno in più di età, nel rispetto dei 35 anni di contributi versati, implica inoltre che la pensione sarà meno penalizzante poiché ci sarebbe un anno in meno di contributi versati ante 1996.

Come noto, la pensione con opzione donna è liquidata solo nel sistema contributivo e i versamenti effettuati prima del 1996 vengono migrati.

Ne risulta un assegno più penalizzante rispetto alla liquidazione con sistema di calcolo misto.