Taglio delle tasse in vista. Con la prossima legge di bilancio saranno gettate le basi per la tanto attesa riforma Irpef che vede al centro delle manovre la rimodulazione delle aliquote fiscali.

Dopo anni di annunci, di attese e di promesse disattese questa potrebbe essere davvero la volta buona. Il governo, con la prossima legge di bilancio sembra proprio intenzionato ad avviare la riforma dell’Irpef e a introdurre un primo taglio delle tasse.

L’obiettivo dell’esecutivo è quello di redistribuire la pressione fiscale favorendo i redditi medio bassi a scapito di quelli più alti.

Occorrono però almeno 10 miliardi di euro per far quadrare i conti e rimodulare gli scaglioni. Per accorpare le aliquote, riducendole da 5 a 4 (e poi magari a 3), far decollare l’assegno unico per i figlio già approvato nei mesi scorsi e aggiustare altri pezzi del nostro fin troppo farraginoso e pesante sistema fiscale.

Riforma Irpef e sfoltimenti delle detrazioni fiscali

Ridurre la pressione fiscale, in particolare a vantaggio dei redditi medio-bassi, sfrondare la selva delle detrazioni, semplificare la serve di norme fiscali, riformare il regime delle partite Iva: sono questi i capisaldi della riforma su cui al Mef stanno lavorando in vista del 2021. Il punto di partenza sono le risorse.

Due le leve a disposizione del governo: la riduzione delle tax expenditures e i proventi della lotta all’evasione. Si punta infatti a disboscare la selva degli oltre 500 sconti fiscali attualmente in vigore, che secondo l’ultimo censimento della commissione presieduta da Mauro Marè valgono in tutto 62,5 miliardi, e a capitalizzare ulteriormente gli effetti dell’entrata in vigore di fattura e scontrino elettronico e delle ulteriori misure di incentivo all’utilizzo della moneta elettronica.

Sul fronte delle tax expenditures, terreno politicamente delicato per le proteste che si potrebbero innescare, l’ipotesi più accreditata prevede di mantenere detrazioni e deduzioni fiscali più significative, come ad esempio quelle sulle spese sanitarie, i contributi previdenziali ed i mutui casa, mentre i possibili tagli riguarderebbero innanzitutto i 19 miliardi di euro di sussidi dannosi per l’ambiente.

Verso il modello fiscale tedesco

Per la riforma fiscale si guarda anche al modello tedesco. Non tanto perché sia più efficace del nostro (ci sono molti punti sfavorevoli in proposito), quanto per ottenere il placet da parte di Berlino. La partita sulla riforma fiscale, come quella per la riforma delle pensioni, si gioca infatti più sul piano politico che tescnico.

Ma come funziona il modello fiscale tedesco? Il sistema del fisco in Germania stabilisce innanzitutto la no tax area, cioè la soglia di reddito sotto la quale non si paga alcuna imposta, a 9.000 euro. Oltre questa soglia e fino a 54.949 euro l’aliquota sale proporzionalmente con l’aumentare del reddito, partendo dal 14% e arrivando al 42%.

Dai 54.950 euro ai 260.532 euro è prevista una aliquota al 42% mentre oltre questa soglia l’aliquota sale al 45%. Detto ciò, non tutti sembrano essere concordi nel copiare dalla Germania. Se i sindacati chiedono al governo di aprire un confronto sul tema fiscale, all’interno della maggioranza già arriva un primo “no” al modello tedesco da parte del presidente renziano della Commissione Finanze della Camera Luigi Marattin per il quale il sistema è troppo “complesso”.

Le ipotesi di riforma Irpef

Pur tenendo conto della progressività dell’imposizione fiscale in base ai livelli di reddito, sono due le ipotesi di riforma che saranno discusse dal governo Conte. Da una parte c’è quella fortemente caldeggiata dal PD e che vorrebbe la realizzazione di tre scaglioni, oltre alla no tax area, così come segue:

  • No Tax Area fino a 8.000 euro;
  • 1° scaglione Irpef: aliquota al 27,5% per redditi fino a 15.000 euro;
  • 2° scaglione Irpef: aliquota al 31,5% per redditi fino a 28.000 euro;
  • 3° scaglione Irpef: aliquota al 42/43% per redditi oltre i 28.000 euro.

Dall’altra, invece, ci sarebbe la riforma Irpef prospettata dal Movimento 5 Stelle che alzerebbe il livello della no tax area, ma preserverebbe maggiormente i redditi superiori a 100.000 euro rispetto al disegno predisposto dal PD:

  • No Tax Area fino a 10.000 euro di reddito;
  • Aliquota Irpef al 23% per i redditi tra 10.000 e 28.000 euro;
  • Aliquota Irpef al 37% per i redditi tra 28.000 e 100.000 euro;
  • Aliquota Irpef al 42% per i redditi superiori a 100.000 euro.