La riforma fiscale entra nel vivo. In Italia il fisco è particolarmente accanito contro i redditi medi. Di conseguenza il ceto medio oggi si notevolmente ridimensionato rispetto a 20 anni fa. Le tasse hanno distrutto e stanno ancora distruggendo chi percepisce redditi fino a 50.000 euro all’anno.

E’ questo il quadro che si evince dagli studi condotti dalle varie associazioni di categoria alla vigilia della riforma fiscale che il governo si appresta a mettere in cantiere. In assenza di una redistribuzione del peso fiscale, la classe media, quella che sostiene il nostro Paese, è destinata a scomparire.

Tasse feroci contro il ceto medio

Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, a margine del Webinar “La ripartenza del Paese dopo l’emergenza: riforma fiscale e della giustizia tributaria, semplificazione e competitività”, ha detto:

“l‘Italia è un Paese estremamente generoso nella tassazione dei redditi bassi – oltre 10 milioni di contribuenti Irpef su 40 milioni sono a “Irpef zero” – e nella tassazione dei grandi patrimoni ereditari, mentre è un Paese estremamente feroce nella tassazione dei redditi medi e medio-alti“.

La distruzione di quel ceto medio produttivo che non possiede grandi patrimoni, ma vive di buoni redditi che derivano dal lavoro dipendente di funzionari, quadri e dirigenti, oppure dal lavoro autonomo svolto nell’ambito dei propri studi professionali o attività imprenditoriali – prosegue – è frutto di questo assetto fiscale, non del caso“.

L’allarme arriva alla vigilia di quella che dovrà essere una riforma fiscale epocale. Il Paese è stato travolto negli ultimi 20 anni da una pressione fiscale mai vista, senza precedenti. Ci sono imposte su tutto, al punto che le aziende faticano a lavorare, mentre i lavoratori arrivano a fine mese senza un centesimo in tasca.

L’auspicio del numero uno dei commercialisti è che in vista della riforma fiscale su questo fronte si abbia il coraggio di fare qualcosa. Senza continuare a parlare soltanto di incrementi di no tax area e di eliminazioni di imposte di successione.

Invece che di quello che serve per riequilibrare una situazione insostenibile a favore di quel ceto medio produttivo che non è interessato né alla prima, né alla seconda di quelle due modifiche.

Le priorità per la riforma fiscale


I commercialisti avanzano una serie di priorità da rispettare al governo nell’ambito della riforma fiscale. Sono otto in tutto,  per una riforma fiscale complessiva che si ponga come obiettivo principale la definizione di un sistema fiscale certo ed equo.

Nel Manifesto per la riforma del sistema tributario, il Consiglio nazionale dei commercialisti chiede, per la prima volta dopo decenni, la concreta possibilità di mettere mano ad una riforma fiscale organica.

I commercialisti in sostanza propongono i seguenti punti:

  • l’istituzione del “codice tributario” e statuto in costituzione;
  • abrogazione dell’Irap; ripristino dell’equità orizzontale e verticale dell’Irpef;
  • eliminazione del “doppio binario” per i redditi di impresa;
  • rilancio delle aggregazioni professionali;
  • riscossione più efficiente e meno costosa;
  • rapporto fisco-contribuenti più equilibrato e giustizia tributaria più specializzata.

Pur nella consapevolezza del difficile lavoro di mediazione che andrà compiuto tra le diverse sensibilità politiche in campo, l’auspicio dei commercialisti è che questa occasione storica non sia sprecata. E che le analisi e le proposte che da tempo avanzano gli esperti della materia vengano tenute nella giusta considerazione.