Si torna a parlare di riforma del catasto. Tradotto, nuove tasse sugli immobili. Una riforma ferma da decenni e che ogni anno torna in auge in vista della legge di bilancio, ma che poi puntualmente si arena nelle aule parlamentari.

L’intenzione del Ministero del’Economia è quella di rendere il fisco più equo. Tra gli obiettivi indicati dal Mef nell’atto di indirizzo alle amministrazioni fiscali per il triennio 2021-2023, si punterebbe a un aggiornamento dell’Anagrafe Immobiliare Integrata.

Riforma del Catasto, sarà la volta buona?

La volontà è quella di “innovare il sistema catastale secondo il paradigma dell’interoperabilità, per fornire al Paese servizi innovativi sia in ambito fiscale sia di governo del territorio”.

 L’aggiornamento degli archivi catastali permetterebbe infatti di associare a ogni immobile posizione geografica, caratteristiche geometriche, quotazioni di riferimento della zona e soggetti titolari di diritti e quote.

Ma dietro ogni buon proposito di riforma c’è sempre una trappola per i contribuenti. Non viene detto chiaramente, ma la riforma del catasto includerebbe anche una vera e propria patrimoniale indiretta. Nelle intenzioni del governo ci sarebbe, infatti, anche la revisione delle rendite catastali (ferma a 30 anni fa) il cui valore è di molto inferiore a quello di mercato.

Riforma del catasto equivale a un’altra patrimoniale

Ritoccare il valore delle rendite catastali per categorie significherebbe sostanzialmente aumentare a dismisura l’Imu, oltre che tutte quelle imposte legate alla compravendita degli immobili. Lo sanno bene gli immobiliaristi e proprio per questo ogni anno i tentativi di rivedere le rendite naufraga.

Del resto, ne deriverebbe un salasso che ammazzerebbe, non solo il mercato immobiliare in Italia che è già in profonda agonia da anni, ma anche i contribuenti che già pagano 25 miliardi all’anno di patrimoniale sulle proprietà immobiliari.

A Bruxelles hanno capito che l’Italia per far cassa dovrebbe agire proprio sulla leva delle rendite catastali adeguandole ai prezzi di mercato.

Così come avviene nel resto d’Europa dove le tasse legate alle compravendite di immobili sono più alte che da noi. Ma questa pare una strada difficile da percorrere.