La riforma del catasto in programma la prossima settimana avrà due pilastri: pagare la tasse sulla base dei metri quadri e non più sui vani catastali e tenere conto del valore commerciale del bene superando i valori fiscali, troppo retrodatati e scollegati dalla realtà.

 

L’introduzione di queste novità dovrebbe portare anche ad una variazione dell’imu da versare, assicurando una maggiore aderenza alla realtà e quindi una maggiore trasparenza e meno sperequazione. Infatti è abbastanza lampante l’esempio di alcuni monolocali nei centri cittadini (con rendite catastali irrisorie) che sono stati trasformati in lussuosi loft con prezzi da capogiro.

Al contrario alcuni immobili, situati in zone poco pregiate, potrebbero essere penalizzati dal numero di vani e da rendite castali elevate. Il risultato di queste sperequazioni è quello che, a cause delle speculazioni immobiliari condotte, i valori di alcuni immobili in zone pregiate potrebbero differire di 8 – 10 volte dal valore catastale, mentre in altre realtà i dati potrebbero coincidere.

 

Le classi catastali attuali sono la A/2 e la A/3

La riforma prevede di dividere ogni Comune in ambiti territoriali di mercato, così da distinguere, ad esempio, le vie dei negozi dai quartieri residenziali. Negli ultimi anni l’agenzia del territorio ha svolto diversi interventi in tali ambiti, superando le vecchie zone censuarie (ad esempio a Milano da tre zone si è passati all’individuazione di 59 microzone). Successivamente occorrerà effettuare delle modifiche in ambito di categorie castali. Ad esempio attualmente le abitazioni sono divise in classi catastali A/2 ed A/3 con una differenza di prezzi, non giustificata, tra le due categorie.

Definite le zone e le categorie degli immobili, il passo successivo è determinarne il valore fiscale, in modo da non renderlo troppo distante dal valore commerciale. In questo caso un algoritmo, cioè un software predisposto appositamente, individuerà i corretti valori da attribuire ad un fabbricato partendo dai valori medi.

Tali valori saranno costantemente aggiornati in base ai dati che l’agenzia del territorio riceverà costantemente. Per fare tali tipo di operazione l’esecutivo ha stimato circa due anni, fermo restando che occorrerà reperire le risorse per attivare i lavori di professionisti, Comuni e tecnici del Catasto.

 

21 mld l’introito che il fisco stima

Dalle simulazioni effettuate si potrebbe recuperare lo stesso gettito, ma abbattendo le aliquote imu tuttora vigenti ( ad esempio 1,5 per mille per la prima casa e 3 per mille per i restanti immobili). Tuttavia sebbene l’introito sia di circa 21 miliardi di euro i carichi fiscali sarebbero diversamente distribuiti. Andrebbero infatti a pagare di più i proprietari di immobili nei grossi centri cittadini e nelle zone turistiche più ricercate, mentre chi abita in provincia vedrebbe diminuire l’importo da versare.