Lo Stato corre ai ripari contro la fuga dei contribuenti. Dopo l’approvazione delle misure che incentivano il trasferimento dei pensionati all’estero nei comuni del Sud Italia, un sistema di agevolazioni fiscali è stato approvato anche per il rientro dei cervelli nel nostro Paese. L’art.5 del decreto crescita 2019 ha infatti rivisto il sistema di agevolazioni per docenti e ricercatori che decidono di riportare la residenza in Italia.

Rientro dei cervelli in Italia

Per costoro, la durata del regime fiscale agevolato viene allungato a 6 anni a partire dal 2020.

In cosa consiste. Sostanzialmente la legge prevede che il 90% del reddito prodotto (autonomo o dipendente) non sia sottoposto a tassazione ordinaria fino al 2026. Il beneficio, però, aumenta qualora il ricercatore o docente abbia uno o più figli minorenni a carico. Così, con un figlio a carico le agevolazioni si protrarranno per ulteriori 8 periodi di imposta, con due per 11 periodi e con tre per 13 periodi. Unica condizione è che il ricercatore o docente mantenga la residenza fiscale in Italia.

I requisiti

Per ottenere l’agevolazione fiscale, il docente o ricercatore deve dimostrare di:

  • essere stato residente all’estero non in maniera occasionale
  • essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato
  • aver svolto attività di docenza o ricerca all’estero per 2 anni presso centri di ricerca pubblici o privati o presso università
  • trasferire la residenza fiscale in Italia
  • svolgere in Italia attività di docenza e ricerca.

L’iscrizione all’AIRE

Con il decreto crescita, il governo ha agevolato ulteriormente il rimpatrio dei cervelli superando il requisito dell’iscrizione obbligatoria all’AIRE. Molti docenti e ricercatori, pur lavorando da tanti anni all’estero, non hanno mai regolarizzato la loro posizione anagrafica con l’iscrizione all’Anagrafe per i Residenti all’Estero. Sarà quindi necessario dimostrare solamente di essere stato assoggettato a imposizione fiscale nello Stato estero in cui hanno lavorato e con il quale è in vigore la convenzione contro le doppie imposizioni.

Questa nuova disposizione supera la precedente interpretazione secondo la quale solo l’iscrizione all’AIRE dimostrava che il soggetto lavorava all’estero.