La riforma fiscale avanza a passo di gambero. Dopo l’intervento sul catasto e sulle spiagge, fra poco toccherà alle rendite finanziarie per le quali serve un riordino della tassazione.

Da tempo Mef sta lavorando a un riordinamento del prelievo fiscale sulle rendite finanziarie. A partire dalle imposte sui Titoli di Stato. Ma anche sui fondi di investimento e i fondi pensione che godono oggi di un regime fiscale di privilegio.

La riforma fiscale delle rendite finanziarie

In tema di tasse sulle rendite finanziarie la legge prevede che gli interessi sui Titoli di Stato (non solo italiani) ed equiparati siano tassati al 12,50%.

Vale a dire che per ogni 100 euro di interesse maturati, 12,50 euro finiscono nelle casse dell’erario, mentre al risparmiatore ne spettano solo 87,50.

Idem anche per i guadagni in conto capitale (capital gain) dove per i Titoli di Stato le tasse sono al 12,50%. A differenza di tutti gli altri strumenti finanziari (obbligazioni bancarie, corporate, fondi d’investimento, ecc.) la cui imposta sale al 26%. Più del doppio quindi.

Quello che intende fare il governo Draghi, tramite la delega fiscale, è innalzare la tassazione delle rendite finanziarie sui Titoli di Stato a livello del primo scaglione Irpef pari al 23%. Contestualmente si abbasserebbe l’aliquota di prelievo per tutti gli altri strumenti finanziari dal 26% al 23%.

Aliquota fiscale raddoppiata per i Titoli di Stato?

Sul punto, però, si sono alzate le barricate fra i banchi della maggioranza. Leu ha già detto che non voterà questa riforma delle rendite finanziarie che prevede un modello di tassazione duale. Cioè dove i redditi da lavoro seguono un’imposizione progressiva, mentre quelli da capitale un prelievo progressivo.

Contro anche la Lega che chiede di lasciare tutto come sta, anche perché i risparmi degli italiani sono per la maggior parte investiti in Titoli di Stato e strumenti finanziari equiparati, come i libretti postali e i Buoni Fruttiferi Postali (Bfp).

Anche questi ultimi godono infatti di una aliquota fiscale agevolata e, se l’imposta fosse raddoppiata ne conseguirebbe un netto aumento del prelievo fiscale sugli interessi maturati. Cosa che farebbe desistere i risparmiatori dal mantenere i soldi nei depositi di banche e Poste.