La manovra di bilancio 2023 se da un lato allarga la platea delle partite IVA che possono entrare nel regime forfettario, dall’altro mette alle strette chi già vi agisce. Un’uscita immediata dal regime di favore (e non più dall’anno successivo) laddove si supera una certa soglia di ricavi.

Si tratta di una misura che, diciamolo subito, potrebbe avere come conseguenza un comportamento anomalo dei contribuenti in prossimità del raggiungimento della soglia di ricavi stabilita.

Per comprendere, bisogna richiamare le regole previste per il regime.

Attualmente per avere partita IVA in regime forfettario è richiesto di rispettare determinati requisiti ed allo stesso tempo non rientrare in nessuna delle clausole di esclusione previste dalla legge.

Gli attuali requisiti per il regime forfettario

Con riferimento ai requisiti, in dettaglio, può essere in regime forfettario chi rispetta queste due condizioni (entrambe)

  • conseguimento di ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro
  • sostenimento spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Con riferimento al primo requisito, se si esercitano più attività, contraddistinte da codici ATECO differenti, ai fini del limite di 65.000 euro occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Si consideri che:

  • chi apre partita iva in corso d’anno, può svolgere l’attività in regime forfettario laddove presume (e dichiara nel modello di apertura partita IVA) di rispettare per quell’anno i citati requisiti
  • per chi, all’inizio dell’anno, è già in attività, affinché questi possa continuare ad essere forfettario o per passare a questo regime, la verifica dei due requisiti deve essere effettuata rispetto all’anno precedente. Quindi, ad esempio, non è potuto essere essere forfettario nel 2022 chi per l’anno 2021 ha conseguito ricavi per oltre 65.000 euro.

La regola attuale prevede che si esce dal regime forfettario a partire dall’anno d’imposta successivo a quello in cui vengono meno i requisiti.

Pertanto, se ad esempio, un soggetto nel 2022 è forfettario e a fine anno verifica che i ricavi di questo stesso anno hanno superato 65.000 euro, questi esce dal forfettario nel periodo d’imposta 2023 (quindi, il 2022 è salvo).

Cosa cambia con la manovra di bilancio 2023

La manovra di bilancio 2023, nel testo licenziato dal governo, prevede un doppio intervento. In primis si innalza da 65.000 euro a 85.000 euro il limite dei ricavi da rispettare per agire nel regime forfettario.

In secondo luogo si stabilisce che si esce immediatamente dal regime forfettario (quindi non può dall’anno d’imposta successivo) quando si conseguono ricavi/compensi superiori a 100.000 euro.

Quindi, potrebbero verificarsi:

  • ricavi/compensi anno d’imposta 2023, superiori a 85.000 euro (significa che per l’anno d’imposta 2024 non si può stare più nel forfettario mentre per l’anno d’imposta 2023 si mantiene il forfettario)
  • ricavi/compensi anno d’imposta 2023 superiori a 100.000 euro (significa che già per l’anno d’imposta 2023 si esce immediatamente dal forfettario).

Si vuole ribadire che quanto qui esposto sarà vero solo se la misura in commento troverà conferma anche nel testo definitivo della manovra come sarà approvato da Camera e Senato.