Le persone fisiche fiscalmente residenti in Italia sono soggette all’Imposta sui redditi (IRPEF) su base mondiale. Ciò significa, ai sensi dell’art. 3 del Tuir, che concorrono alla base imponibile IRPEF tutti i redditi prodotti ovunque nel mondo.

Ai sensi dell’art. 2 del Tuir, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni in un anno solare) ricadono, alternativamente, in uno dei tre seguenti casi:

1) sono iscritte nell’anagrafe della popolazione residente;
2) hanno il domicilio, ai sensi del Codice Civile, nel territorio dello Stato;
3) hanno la residenza, ai sensi del Codice Civile1, nel territorio dello Stato.

Inoltre, sono considerati residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani che si sono cancellati dell’anagrafe della popolazione residente e si sono trasferiti nei così detti Paradisi Fiscali.

In funzione di tale principio, una persona fisica residente in Italia, che realizza redditi di lavoro autonomo o d’impresa all’estero, è assoggettata all’IRPEF anche in funzione dei redditi prodotti all’estero. Inoltre, tali redditi concorrono anche alla determinazione della base imponibile dell’imposta applicata nel Territorio in cui gli stessi sono realizzati3, generando il fenomeno della così detta doppia imposizione.

La Doppia Imposizione in senso giuridico si manifesta qualora uno stesso soggetto, per uno stesso reddito, è assoggetto ad imposta in due diversi Stati.
Con lo scopo di evitare il fenomeno della doppia imposizione, gli Stati hanno adottato degli accordi bilaterali, le così dette Convenzioni contro la doppia imposizione, e sono stati previsti dei meccanismi di credito d’imposta.

In particolar modo, la disciplina fiscale italiana, con l’art. 165 del Tuir, ha previsto che le imposte pagate sui redditi prodotti all’estero a titolo definitivo sono detraibili dall’IRPEF (o meglio dall’imposta netta dovuta) qualora gli stessi redditi partecipino alla determinazione del reddito complessivo in Italia, e sino a concorrenza dell’entità dell’imposta che, sostanzialmente, sarebbe dovuta in Italia sugli stessi redditi esteri.

Cenni sul Regime Forfettario

La Legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (Legge di Stabilità) e successive modifiche ed integrazioni ha introdotto in Italia un regime fiscale naturale per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arte o professione. Tale regime è oggi applicabile ai contribuenti che nell’anno precedente non abbiano conseguito ricavi, ovvero percepito compensi, superiori ad euro 65.000 e per i quali non si manifestino le cause ostative previste dalla norma.

Tale regime fiscale, a cui si può derogare, prevede taluni vantaggi di seguito sinteticamente illustrati:

Semplificazioni ed adempimenti in materia IVA:

I contribuenti in regime forfettario non addebitano L’Iva in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti, pertanto sono esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta sul valora aggiunto e da tutti gli obblighi contabili e dichiarativi previsti dal D.p.r. n. 633 del 1972.

Inoltre, tali contribuenti non sono tenuti all’emissione della fattura elettronica e sono soltanto tenuti a numerare e conservare le fatture di acquisto, certificare i corrispettivi ed integrare le fatture nei casi previsti dalla legge.
Semplificazioni ed adempimenti in materia imposta sui redditi:

I soggetti che applicano il regime forfettario sono esonerati dagli obblighi tributari di tenuta delle scritture contabili, sono esclusi dall’applicazione degli ISA e non sono tenuti ad operare le ritenute alla fonte.

In particolare, il regime forfettario prevede la mancata applicazione delle ritenute d’acconto sui ricavi e compensi percepiti e l’applicazione sui redditi da lavoro autonomo o d’impresa, forfettariamente definiti, di un imposta sostitutiva all’Irpef, alle addizionali regionali, comunali e all’Irap pari al 15%, ovvero al %5 per i primi cinque anni qualora sussistano gli specifici requisiti previsti dall’art. 1 c.65 della Legge 190/2014.

Redditi esteri e Regime Forfettario

Nel caso in cui un imprenditore o un professionista, residente in Italia, produca redditi d’impresa o di lavoro autonomo all’estero, dovrà identificare lo Stato in cui tali redditi risultano concorrere alla determinazione della base imponibile delle imposte sui redditi.


In prima battuta, si dovrà verificare l’esistenza di una Convenzione contro la doppia imposizione stilata tra l’Italia e lo Stato estero ove tali redditi risultano prodotti.
Nella maggior parte dei casi, le Convenzioni contro la doppia imposizione prevedono una tassazione concorrente sui redditi d’impresa e di lavoro autonomo ed il riconoscimento di un credito d’imposta. In tal caso, le persone residenti in Italia, si vedranno applicare le imposte sui redditi prodotti all’estero sia nel Paese in cui tali redditi sono realizzati, sia in Italia. Pertanto, i redditi esteri, confluiranno nel così detto “reddito complessivo”, cioè la somma di tutte le categorie di reddito – fondiario, di capitale, di lavoro dipendete, di lavoro autonomo, d’impresa, diverso- che concorrono a formare la base imponibile IRPEF, fermo restando la possibilità di detrarre le imposte che sullo stesso reddito sono state versate nello Stato di produzione.
Gli imprenditori ed i professionisti che adottano il regime forfettario ex L. 190/2014 realizzano un reddito che non concorre alla determinazione del reddito complessivo imponibile ai fini IRPEF, bensì è assoggetto ad un imposta sostitutiva. Ciò fa si che, se parte o tutto il reddito d’impresa o di lavoro autonomo è prodotto in uno Stato estero, lo stesso sarà assoggettato sia all’imposta sui redditi dello Stato estero sia all’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali, comunali e dell’Irap in Italia, senza determinare il riconoscimento del credito d’imposta.

Tale interpretazione è basata sulla disposizione dell’art. 165 del Tuir, che riconosce il credito d’imposta IRPEF in funzione dei redditi prodotti all’estero concorrenti alla formazione del reddito complessivo. Coerentemente, l’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 9/E del 5 marzo 2015, ha affermato che il credito d’imposta “…non è quindi applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi …”.

Inoltre, lo stesso principio è stato ribadito dalla recente Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 36/E del 15 marzo 2019, nella quale è affermato che il reddito realizzato in applicazione del regime forfettario ex L. 190/2014, essendo soggetto ad un imposta sostitutiva, non concorre alla formazione del reddito complessivo ai sensi dell’art. 3 del Tuir. In funzione di tale circostanza parrebbe essere esclusa la possibilità di fruire di un credito per le imposte assolte all’estero sul reddito ivi prodotto.

Tali interpretazioni richiamano l’attenzione sull’analisi della convenienza circa l’applicazione del regime forfettario. Difatti, se da un lato si gode di un’imposizione ridotta (in alcuni casi 5%) rispetto al pagamento dell’ordinaria IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP, dall’altro si deve tener conto, oltre che dalla diversa modalità di determinazione della base imponibile (forfettariamente oppure come differenza tra ricavi e costi deducibili), anche dell’entità dei redditi realizzati all’estero e delle imposte che sono applicate negli altri Stati d’interesse.