Una della voci su cui l’Agenzia delle Entrate concentra i propri controlli è l’acquisto della casa mediante mutuo ipotecario. Il fisco, come noto, adotta oggi strumenti di indagine e rileva le capacità reddituali dei soggetti  in base a una molteplicità di informazioni che lasciano poco spazio a dubbi sulle reali capacità di reddito.

Lo strumento per eccellenza utilizzato è il redditometro  che consente al fisco di verificare attentamente se dietro le operazioni di finanziamento con muto ipotecario si possano nascondere operazioni di elusione o evasione fiscale incrociando i dati fra il valore dell’immobile, la rata mensile di mutuo accordata dalla banca e il reddito disponibile del contribuente.

Rata del muto troppo alta

Posto che la banca normalmente non concede un muto più elevato del valore dell’immobile da acquistare (al massimo si arriva al 80% del suo valore), è importante anche valutare bene quali sono le capacità reddituali per sostenere il prestito concesso. La banca normalmente predispone un piano rateale di rientro che non sia troppo oneroso rispetto alle capacità reddituali del cliente. Cioè le rate di muto non devono essere superiori allo stipendio mensile. Questo però non sempre avviene e no costituisce un vincolo, poiché il cliente che chiede e ottiene un mutuo dalla banca potrebbe disporre di altre risorse o entrate economiche poste a garanzia dell’immobile da acquistare per cui la rata del muto potrebbe anche superare quella dello stipendio.

Redditometro e controlli fiscali

L’agenzia delle Entrate però non lo sa e controlla solo le movimentazioni bancarie e i saldi di conto corrente. Secondo il redditometro, se le uscite superano del 20% il totale delle entrate nell’arco dell’anno e non v’è corrispondenza con la dichiarazione dei redditi, scatta l’accertamento. Per cui se la rata del muto, sommata alle spese ordinarie stimate per vivere, supera del 20% il livello medio di reddito, bisognerà preoccuparsi di dimostrare come si fa a sostenere il bilancio familiare.

Se poi lo stipendio costituisce l’unica fonte di reddito, il controllo da parte del fisco è semplice e scatta in automatico.

L’onere della prova

Per il fisco, quindi, una rata di mutuo troppo alta è indice di capacità contributiva maggiore e fa scattare i controlli. Sarà poi il contribuente a dover mettere insieme tutte le carte e i documenti per dimostrare (l’onere della prova è a carico del cittadino) di non essere evasore. Recentemente la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema chiarendo che spetta al contraente del mutuo dimostrare l’origine dei redditi a giustificazione delle più alte rate di mutuo. La vicenda attiene il ricorso proposto da un imprenditore avverso un avviso di accertamento, contenente la determinazione del maggior reddito imponibile determinato sulla base del cd. redditometro. Con ordinanza n. 124 del 21 gennaio 2020, i supremi giudici hanno stabilito che, in tema di accertamento sintetico adottato ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 600/1973, “tale metodo di accertamento dispensa l’Amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su di essi e resta a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore”.