La fase 2 del Reddito di Cittadinanza stenta a decollare ma chi beneficia del sussidio non starà con le mani in mano. Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, ha firmato il decreto contenente le linee guida per i Comuni sui lavori di pubblica utilità da assegnare a chi prende il Reddito di Cittadinanza.

Sulla base di questo documento, che il ministro ha descritto come un tassello importante in una società di welfare che vede la collaborazione tra cittadini e amministrazione pubblica, i Comuni potranno avviare i cd PUC, Progetti Utili alla Comunità.

Questi programmi possono riguardare l’ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, nell’obiettivo della realizzazione di una comunità migliore. Il decreto però prevede anche dei paletti. Di seguito vediamo quali attività pubbliche non potranno essere delegate ai percettori del Reddito di Cittadinanza.

Lavori di Pubblica Utilità: quali servizi saranno chiamati a fare i titolari del Reddito di Cittadinanza?

Si legge nel decreto che i titolari del RdC non possono:

  • svolgere attività in sostituzione di personale dipendente dall’ente pubblico proponente o dall’ente gestore nel caso di esternalizzazione di servizi o dal soggetto del privato sociale;
  • ricoprire ruoli o cariche nell’organizzazione del soggetto proponente il progetto;
  • sostituire lavoratori assenti per malattia, congedi parentali, ferie ed altri istituti o più in generale essere utilizzati per compensare temporanee esigenze di organico in alcuni periodi di carico più intenso di lavoro.

Servizi di Pubblica Utilità: chi sarà chiamato?

Come per la disponibilità a lavoro, ci sono delle eccezioni per disabili, anziani, neogenitori o persone che si occupano di disabili.

Ricordiamo che tra le condizioni per il riconoscimento del sussidio figura l’immediata disponibilità al lavoro, l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale in cui possono rientrare anche attività di servizio alla comunità, per la riqualificazione professionale o il completamento degli studi nonché altri impegni che puntano all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

Queste condizioni riguardano tutti i componenti del nucleo familiare maggiorenni, non occupati e che non frequentano un regolare corso di studi.