Andare in pensione con Quota 41 dal prossimo anno. Sembrerebbe questa la strada che intende percorrere il governo Meloni, incalzato dalla Lega di Salvini, per evitare il ritorno integrale della Fornero dal 2023.

Il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi a prescindere dall’età non sarebbe neanche male, se non per il fatto che costerebbe 18 miliardi di euro fino al 2025. Non proprio noccioline, visti gli imminenti impegni finanziari dello Stato per rivalutare 16 milioni di pensioni da gennaio.

Quota 41 ma con vincolo dell’età a 61 o 62 anni

Ecco quindi spuntare all’orizzonte l’ennesimo pasticcio previdenziale.

Quota 41 con soglia anagrafica, per spendere meno. Età non ancora ben definita ma che pare sia di almeno 61-62 anni. I preventivi di spesa scenderebbero così a 800 milioni all’anno, ma (ovviamente) in pensione anticipata ci andranno pochissimi lavoratori.

E il motivo è semplice. Quota 41 col vincolo dell’età a 61 o 62 anni rappresenta un imbuto troppo stretto nel quale ci passerebbero poche migliaia di lavoratori. Forse meno di quelli che finora hanno potuto beneficiare di Quota 102. Tanto varrebbe, a questo punto, lasciare le cose come stanno.

Ma si sa, la politica è anche l’arte dell’inganno. E pur di raccontare ai lavoratori che è stato fatto di tutto per evitare il ritorno integrale della Fornero nel 2023, ci si inventa anche Quota 41 con soglia di età. Come avvenuto con Quota 102, nel silenzio generale e con l’apporto bel oliato dei mass media.

Una pensione lavoratori precoci allargata

Quota 41, così congeniata dagli esperti ministeriale, sarebbe in pratica una pensione per lavoratori precoci allargata. Più precisamente oggi i lavoratori precoci possono andare in pensione con 41 anni di contributi a patto di aver lavorato almeno 12 mesi prima del compimento dei 19 anni di età.

Con la riforma, in sostanza, verrebbe concessa la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi senza detto vincolo dei 12 mesi, ma con quello dell’età anagrafica a 61-62 anni.

Il che significa che un lavoratore per uscire a 61 anni deve aver iniziato a lavorare da giovane, almeno a 20 anni senza interruzioni di carriera.

A 62 anni, l’ago della bilancia sale a 21 anni, a 63 si alza a 22 anni e così via. Fino a 66 anni quando basta aver intrapreso l’attività lavorativa a 25 anni, sempre senza discontinuità di versamenti contributivi. Poi a 67 anni basteranno 20 anni di contributi per uscire con la pensione di vecchiaia.

E’ del tutto evidente che, in base alle proiezioni appena descritte, pochissimi lavoratori potranno beneficiare di Quota 41. Così come è stato per Quota 102 con governo Draghi. Si tratterebbe quindi dell’ennesimo esperimento mal riuscito per gettare fumo negli occhi.