La riforma pensioni è ormai diventata una chimera per quest’anno. I tempi fra insediamento del Parlamento a settembre e la formazione del nuovo governo sono troppo stretti per cambiare l’assetto previdenziale.

E anche la legge di bilancio 2023 non potrà che recepire solo che alcuni aggiustamenti alle pensioni. Come la proroga di Opzione Donna e di Ape Sociale. Quota 102 andrà invece in soffitta con la fine dell’anno e al suo posto potrebbe saltar fuori un’altra quota.

Le pensioni con Quota 104

Quota 104 – secondo i tecnici che avevano studiato la riforma pensioni lo scorso anno – rappresenterebbe il gradino successivo a quota 102 per evitare lo scalone con le regole ordinarie di pensione previste dalla Fornero.

Cioè la pensione a 67 anni di età.

Così, se quota 102 avrà dato la possibilità di andare in pensione qualche anno prima a qualche migliaio di lavoratori quest’anno, nel 2023 i numeri attesi non cambieranno molto. In questo modo le fuoriuscite dal mondo del lavoro resteranno contenute e la spesa pensionistica sostenibile.

A differenza di quota 102, però, sempre secondo le previsioni del governo dello scorso anno, si potrebbe andare in pensione con quota 104 in maniera flessibile. Cioè a 65-66 anni di età con 38-39 di contributi. In maniera tale da allargare maggiormente la platea dei lavoratori beneficiari.

Quota 41, l’altra opzione quasi impossibile

Nei programmi della Lega c’è però anche Quota 41 fra la riforma pensioni. Da affiancare eventualmente a Quota 104 e che insieme potrebbero evitare il ritorno della Fornero. Come dice Salvini:

ll primo gennaio dell’anno prossimo, se il Parlamento non fa niente, torna in vigore la maledetta Legge Fornero, maledetta la Legge, non la Fornero che significherebbe cinque anni in più di lavoro”.

Tuttavia c’è un ostacolo e un muro issato dal premier Draghi. Quota 41 dovrebbe essere finanziariamente sostenibile. E non lo è. Secondo l’Inps costerebbe alle casse dello Stato 18 miliardi di euro fino al 2025.

Uno cifra per le sole pensioni al momento non sostenibile. A meno che non si vadano a prendere i soldi dal reddito di cittadinanza, costato finora agli italiani la bellezza di 23 miliardi di euro in tre anni. Ma si farà in tempo prima della fine dell’anno?