Andare in pensione è senza dubbio una delle cose a cui tutti i lavoratori prima o poi pensano. Anzi, anche i giovani che iniziano a lavorare non possono non pensare a quando arriverà finalmente il giorno per poter accedere alle loro pensioni. E la domanda delle domande è proprio quella del nostro lettore che, arrivato a una determinata età e a una determinata soglia di contributi versati, sta pensando a come sarà il suo futuro. “Quanti anni devo lavorare per poter andare in pensione” quindi divento il quesito comune alla stragrande maggioranza dei lavoratori.
“Buonasera, sono un falegname che alla fine del 2022 completerà 32 anni di contributi versati. Sono nato nel 1961. Oltre ai 32 anni di lavoro con contributi versati regolarmente, ho un anno di servizio militare ancora da riscattare. Non ho problemi di invalidità e, da quanto ho capito, come falegname non svolgo un lavoro usurante o gravoso. Potete dirmi quando potrò andare in pensione in base alla mia situazione attuale?”

Andare in pensione: i requisiti e come possono essere raggiunti

Il nostro lettore rispecchia, dal punto di vista dei contributi versati, il contribuente medio. Si tratta di un lavoratore che ha una carriera contributiva non certo lunga ma neanche troppo corta. Ed è una carriera contributiva che lo tiene in una specie di limbo. Perché con 32 anni di contributi versati, la pensione difficilmente viene conseguita se non si raggiunge l’età minima previdenziale prevista. Oggi, per andare in pensione con la quiescenza di vecchiaia ordinaria l’unica strada è raggiungere i 67 anni di età. A quell’età infatti bastano 20 anni di contributi versati e quindi chi si trova ad aver superato i 30 anni, rientra perfettamente in questa tipologia di prestazione. Allo stesso tempo, per poter andare in pensione senza alcun limite anagrafico, occorre raggiungere 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne o 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini.
Il nostro lettore, nato nel 1961, oggi ha compiuto già 61 anni. Tralasciando il fatto che 61 anni di età sembra stia per diventare un’età idonea a poter mandare in pensione i lavoratori per via di alcune ipotesi di riforma del nuovo governo, per il nostro lettore c’è poco da fare. Una cosa che va sottolineata è che allo stato attuale delle cose lui non potrà accedere a nessuna misura pensionistica ordinaria.

La pensione di vecchiaia resta la via principale

Per lui così come funziona il sistema oggi, bisognerà attendere per forza i 67 anni di età per andare in pensione. Avendo superato i 30 anni di contributi oggi, non rientra in nessuna misura di pensionamento anticipato, nemmeno col sistema contributivo. Infatti la presenza di 64 anni con almeno 20 anni di contributi versati e un assegno pari a 2,8 volte l’assegno sociale, non è una misura a lui concessa. Questo, dal momento che ha iniziato a lavorare prima del 1996. Trovandosi a 61 anni di età con 32/33 anni di contributi versati, è più vicino alla pensione di vecchia ordinaria che non a quella anticipata. Per la prima infatti mancano 6 anni di età. Per la seconda mancano quasi 9 anni di contributi.

Le novità del governo non sono sufficienti

pensione quota 41
Inoltre anche se si sente parlare di andare in pensione a 61 anni dal 2023, la misura si rivolge esclusivamente a chi ha carriere contributive nettamente più lunghe di quella del nostro lettore. Infatti anche con una ipotetica quota 100 (anche se si sta discutendo di salire a quota 102 o addirittura ancora 103), servirebbero 39 anni di contributi. Per poter uscire con 61 anni di età, 33 anni di contributi non basterebbero comunque. Peggio ancora la quota 41, perché con 41 anni di contributi il governo sta pensando di introdurre la misura a uso esclusivo di chi ha compiuto almeno 61 anni di età.
Vie alternative come possono essere quelle per i lavori gravosi o per quei lavori usuranti, come anche lui ha confermato, non sono per lui applicabili. E non essendo nemmeno invalido non può sfruttare i canali di uscita vantaggiosi per questo genere di soggetti, prima tra tutte la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile ad almeno l’80%.