Tra le misure previste dal Decreto Rilancio, ritroviamo il blocco dei licenziamenti a tutela dei lavoratori e dell’occupazione. Quali licenziamenti sono vietati fino al 17 agosto? Quali sono, invece, permessi?

L’art. 46 del DL n. 18 del 17 marzo 2020 (Decreto Cura Italia) ha previsto la sospensione di determinate procedure di licenziamento per 60 giorni a decorrere dal 17 marzo 2020, data in cui è entrato in vigore il decreto.

Il periodo dei 60 giorni è stato esteso a 5 mesi dall’art. 80 del DL n. 34 del 19 maggio 2020 (Decreto Rilancio).

Facciamo chiarezza.

Ecco quali licenziamenti sono vietati fino al 17 agosto

Restano vietati e sospesi fino al 17 agosto 2020 i licenziamenti per:

giustificato motivo oggettivo (di cui all’art.7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 in caso di aziende con oltre 15 dipendenti) ovvero licenziamento economico. Fino alla scadenza del 17 agosto 2020, il datore di lavoro non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo indipendentemente dal numero dei dipendenti;

cessazione di attività (ex. art. 24 della legge n. 223/1991);

termine della fase lavorativa in caso di contratti a tempo indeterminato nel settore edile;

– sopravvenuta inidoneità alla mansione;

superamento del periodo di comporto se la malattia è dovuta a Covid-19;

procedure collettive di riduzione del personale (previste dagli artt. 4, 5 e 24 della legge n. 223 del 23 luglio 1991), quando il datore di lavoro non è in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e non può ricorrere a misure alternative. Il divieto vale anche se il motivo della crisi non è associato alla situazione di emergenza sanitaria legata al Covid-19.

Inidoneità alla mansione: nota dell’Ispettorato del lavoro

La nota n. 298/2020 dell’Ispettorato del lavoro ha voluto chiarire l’applicabilità del divieto di licenziamento anche in caso di inidoneità alla mansione, quando il lavoratore non ha più la possibilità di svolgere determinate attività richieste dal contratto di lavoro.

Si tratta di una fattispecie assimilabile al giustificato motivo oggettivo: prevede anche l’obbligo di verifica sulla possibilità di ricollocare il dipendente con mansioni equivalenti o inferiori, anche attraverso un adeguamento dell’organizzazione aziendale.

Quest’ultima possibilità è stata confermata da due sentenze della Cassazione Civile, sezione lavoro (n. 27243 del 26 ottobre 2018 e n. 13649 del 21 maggio 2019).

Diritto di revoca di licenziamenti già disposti

L’articolo 80 del Decreto Rilancio, inserisce il comma 1-bis, che prevede il diritto di revoca in caso di licenziamenti già disposti.

I licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo sono vietati fra il 17 marzo ed il 16 agosto. Le procedure di licenziamento individuale avviate dopo il 23 febbraio vengono considerate nulle.

Nessuna sospensione è stata, invece, disposta per le procedure di licenziamento avviate prima del 24 febbraio 2020 e non ancora concluse, dunque possono proseguire.

E’ prevista la possibile revoca delle procedure già avviate nel periodo compreso tra il 23 febbraio ed il 17 marzo 2020 con il ripristino del rapporto di lavoro facendo richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale previsto dagli artt. 19-22 del Decreto Cura Italia. In questo caso, il rapporto di lavoro viene ripristinato senza oneri nè sanzioni per il datore di lavoro e senza soluzione di continuità.

Vale la pena ricordare che, come confermano i dati INPS, molti aspettano tuttora il pagamento degli ammortizzatori sociali. Sono 80.000 i lavoratori in Italia che non ricevono la cassa integrazione da aprile.

Licenziamenti non sospesi

Nel periodo di sospensione stabilito dal Decreto Rilancio, sono permessi i seguenti licenziamenti:

disciplinare (legato ad un comportamento del lavoro), intimato al termine della procedura prevista dall’art. 7 della L. n. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori). In base al livello di gravità, può essere per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo;

– per mancato superamento del periodo di prova;

dell’apprendista a conclusione del periodo di formazione;

– per superamento del periodo di comporto (art. 2110 c,c.) escluso dall’ambito di applicazione della procedura di cui all’art.

7 della legge n. 604/1966 riguardante i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo;

– per sopraggiunta età pensionabile (pensione di vecchiaia) con i seguenti requisiti: 67 anni, 20 anni di contributi ed un importo minimo di pensione (per chi ha versato dal 1996);

– del dirigente per giustificatezza;

intimabile “ad nutum” (senza preavviso) come nel caso del lavoro domestico;

– per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore. Questo particolare caso, per alcuni, dovrebbe essere incluso nel divieto di licenziamento perché non prescinde dalla valutazione dell’effettiva incidenza sulla possibilità rioccupazionale nell’organizzazione di impresa datoriale;

– in procedure di appalti in cui il personale passa alle dipendenze di una nuova ditta.

Sono, inoltre, possibili:

– le dimissioni, anche per giusta causa (come il rifiuto di trasferimento oltre i 50 km);

– la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro perfezionabile anche nel periodo di sospensione;

– la conciliazione in sede protetta con incentivi individuali.

Violazione del divieto di licenziamento: effetti

In caso di violazione del divieto di licenziamento nei casi previsti dal Decreto Rilancio, il recesso dal rapporto di lavoro durante il periodo di sospensione dovrebbe considerarsi nullo.

Ne consegue la tutela reintegratoria e risarcitoria piena prevista nell’art. 18, legge n. 300/1970. Il lavoratore deve, perciò, essere reintegrato nel posto di lavoro ed il datore di lavoro deve risarcire il danno subito dal lavoratore per il licenziamento nullo. L’indennità è commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dalla data di licenziamento fino a quella della reintegrazione a cui dedurre quanto percepito da altre attività lavorative nel periodo di estromissione.

Ad ogni modo, il risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità della retribuzione globale.

Inoltre, è a carico del datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il periodo di estromissione.