
Ad alcuni può sembrare solo una questione terminologica ma poter dire “di professione sono architetta” per molte libere professioniste operanti nel settore è un modo come un altro per affermare la pari dignità di genere nel lavoro e uscire dall’ombra dei colleghi maschi a partire dalle etichette.
In alcune professioni questo distacco è già avvenuto, pensiamo ad esempio alla “psicologa”, alla “dottoressa” o alla “professoressa”. Ma ci sono alcuni ambiti, forse considerati più “maschili” in cui invece la definizione al femminile non esiste o è talmente poco usata da sembrare bislacca.
Le cose però per le aspiranti architette sono cambiate: a Bergamo, grazie ad una delibera approvata dal consiglio dell’Ordine degli Architetti, è possibile finalmente richiedere il timbro professionale con la dicitura di “architetta“, al femminile. La prima a farne richiesta era stata l’architetta Silvia Vitali, sostenuta in questa battaglia di genere dalle colleghe Francesca Perani e Mariacristina Brembilla. L’Accademia della Crusca aveva già riconosciuto la correttezza dell’uso del genere femminile per le professioni, ora arriva anche la disponibilità dei timbri professionali a confermare questa interpretazione.
Vi suona strano? Presto vi ci abituerete, come ad esempio state probabilmente già facendo con alcuni termini della carriera nella PA, da assessora a sindaca.
Si tratta, è intuitivo, anche di una provocazione ma la richiesta vuole essere un incentivo per le giovani che, per retaggi culturali ancora non del tutto superati, considerano alcune professioni ad appannaggio degli uomini.