Aumenta la soglia di esenzione fiscale per gli investimenti in PIR. Le tasse sul capital gain non si pagheranno per investimenti fino a 1,5 milioni di euro.

Il decreto di Agosto ha rafforzato l’esenzione dell’imposta sul capital gain(al 26%) estendendo il limite precedentemente previsto fino alla soglia di 1,5 milioni di euro con lo scopo di incentivare ulteriormente queste nuove forme di risparmio individuali.

Aumenta la soglia di esenzione fiscale per i Pir

Come noto, i Piani Individuali di Risparmio (PIR) offerti dalle banche e istituiti con la legge di bilancio del 2017 sono stati concepiti con lo scopo di raccogliere investimenti in strumenti finanziari per lungo periodo.

La normativa stabilisce infatti che chi tiene in portafoglio quote di Pir per almeno 5 anni beneficerà dell’esenzione totale dalle imposte sul capital gain, successione e donazione. Prima del decreto Agosto, ogni anno era possibile investire un massimo di 30.000 euro all’anno, fino ad un massimo di 150.000 euro previsti dal piano di accumulo. Mantenendo inalterato l’investimento per almeno 5 anni, il sottoscrittore non paga alcuna imposta sulle plusvalenze (prevista al 26%), cioè sui guadagni realizzati. Con il nuovo decreto, tali limiti sono stati elevati a 300.000 euro per ogni anno e a 1.500.000 nell’arco del quinquennio.

Cosa sono i PIR

I Pir, la cui disciplina è contenuta nella legge di bilancio 2017, puntano a fornire un sostegno all’economia reale italiana costituita in prevalenza da piccole e medie imprese che oggi fanno fatica a trovare credito in banca per via delle regole europee che impongono requisiti severi nell’erogazione dei fondi. Si tratta di strumenti finanziari, simili ai tradizionali fondi di investimento, che danno diritto alla detassazione totale sul capital gain a patto che non vengano  ceduti prima che siano trascorsi cinque anni dalla sottoscrizione. In caso di estinzione anticipata le tasse saranno dovute sulle eventuali plusvalenze realizzate.

Coi Piani Individuali di Risparmio non si pagano imposte

La normativa prevede che i PIR dovranno essere investiti per almeno il 70% in strumenti finanziari (azioni o obbligazioni quotate e non) di aziende italiane o anche europee (dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo) ma con stabile organizzazione in Italia (che quindi pagano le tasse in Italia). Di questo 70%, il 30% (che equivale al 21% dell’investimento complessivo) deve essere composto da strumenti finanziari di società diverse dalle 40 dell’indice Ftse-Mib, in modo da far affluire il denaro – spiegano gli esperti di Assogestioni – su aziende anche medio-piccole, quotate sui listini alternativi come Aim, per esempio.

PIR più attrattivi in tempi di crisi

Il nuovo intervento del governo sui PIR è volto a incrementare l’attrattività per il risparmiatore, che secondo i risultati del Rapporto Censis-Assogestioni appare cauto ma anche pronto a cogliere le nuove opportunità di uno strumento che tende a coniugare in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo prospettive di rendimento in un contesto di tassi ridotti con il sostegno al sistema produttivo e allo sviluppo economico. In questo periodo caratterizzato da incertezza e paura a causa del Covid-19, poi, la capacità di risparmio degli italiani è notevolmente cresciuta e si vuole offrire al risparmiatore maggiori possibilità di rendimento, posto anche che i tassi d’interesse sono ormai a zero. Al contempo l’obiettivo dei PIR è quello di ridurre la dipendenza delle Pmi dal finanziamento bancario, riequilibrando il rapporto tra capitale e debito.