Altro che piano ferie: in un’azienda cinese il datore di lavoro deve pianificare e approvare anche il piano gravidanza delle lavoratrici dipendenti. La notizia ha fatto velocemente il giro del web e sta suscitando commenti e critiche: difficile pensare che una simile politica aziendale possa diffondersi ma già il fatto che nel 2015 esista una realtà del genere lascia perplessi e sbigottiti. A riportarla sono stati i siti web di BBC News e Asianews che hanno pubblicato online la circolare con cui si spiega alle dipendenti la modalità per partecipare al piano maternità.

I vertici dell’azienda si sono subito giustificati spiegando che non si tratta di un’imposizione ma solo di raccomandazioni per cercare di non restare scoperti in termini di risorse.  

Vuoi avere un figlio? Chiedilo prima al datore di lavoro!

Il meccanismo adottato in questa azienda di Jiazou, nella provincia di Henan, è proprio quello del piano ferie solamente che ad oggetto non c’è una settimana al mare ma nove mesi di gravidanza e la scelta stessa di diventare mamma. Le donne lavoratrici devono presentare domanda per essere ammesse nel cd piano maternità. E non è neppure facile entrarci: sono ammesse infatti solo le donne sposate che siano state assunte da più di un anno. Single o neo assunte non sono “autorizzate” a restare incinta se non vogliono rischiare una multa di 1.000 yuan (l’equivalente di circa 150 euro), la perdita del bonus di fine anno o della possibilità di fare carriera, fino anche al licenziamento.

Discriminazioni donne sul lavoro e maternità: la situazione in Italia

Prima di sconvolgersi per queste notizie che arrivano da lontano però è bene guardare a quello che accade in Italia: uno schedule della maternità sulla falsariga del piano ferie sarebbe impensabile per fortuna ma, aldilà del perbenismo, è purtroppo innegabile che ancora oggi alcuni datori di lavoro, in sede di assunzione, fanno firmare alle candidate di sesso femminile una lettera di dimissioni in bianco da usare in caso di gravidanza.

Ribadiamo, semmai ce ne fosse bisogno, che tale pratica non è legale e che il licenziamento è nullo. Purtroppo anche in Italia resta ancora molto da fare in merito al riconoscimento della gravidanza, soprattutto per le lavoratrici autonome, e alle <a