La riforma pensioni è sempre più impantanata nei meandri della politica. Le recenti tensioni all’interno della maggioranza minano la tenuta del governo Draghi e la riforma è così a un passo dall’archiviazione definitiva.

Indiscrezioni che affiorano dai ben informati riferiscono di una crisi estiva che potrebbe sfociare nella fine anticipata della legislatura in autunno. Elezioni anticipate condurrebbero quindi a un abbandono definitivo del programma di riforma pensioni per il 2023.

Pensioni e crisi di governo

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha provato a ricucire lo strappo fra l’ex premier Giuseppe Conte (M5S) e Mario Draghi, ma la durata della tenuta è appesa a un filo.

Se si va a votare in autunno – dicono fonti autorevoli – la riforma pensioni salta.

Il delicato tema che vede al centro del dibattito una riforma in grado di evitare il ritorno alla Fornero dal prossimo anno rischia quindi di arenarsi. Poco importa alla classe politica, tanto i parlamentari avrebbero la pensione assicurata dopo 4,5 anni di mandato.

Tanto costerebbe, invece, ai lavoratori. Costretti a rivedere tutti i loro piani di uscita dal lavoro dopo la fine di Quota 100 e, dal 1 gennaio 2023, anche di Quota 102. In mancanza di interventi, si tornerebbe ai requisiti Fornero per la pensione di vecchiaia a 67 anni. O anticipata con 41-42 anni di contributi indipendentemente dall’età.

Riforma rinviata sine die

A questo punto ci si domanda cosa ne sarà della riforma pensioni se si andasse a votare in autunno. Secondo gli esperti, indipendentemente da chi e come governerà il Paese, ci vorranno almeno un paio di anni prima che si arrivi a un nuovo programma.

Il 2023 sarebbe sacrificato, mentre dal 2024 si potrebbero intavolare nuove trattative con le parti sociali. Sempre che la crisi economica molli il freno e sempre che i partiti non si mettano a litigare nuovamente tra loro.

Lo scenario, in ogni caso, anche se il governo Draghi riuscisse a terminare il suo mandato l’anno prossimo, appare cupo e incerto.

L’esecutivo appare sempre più debole e basta poco perché una proposta di legge sia bloccata e la fiducia venga meno.

Anche in queste condizioni, la riforma pensioni sembra ingessata e lo scivolo lento e graduale verso le regole Fornero dal 2023 è segnato. Come del resto vuole, più o meno velatamente, lo stesso premier.