Opzione donna, ultima chiamata per andare in pensione. La legge di bilancio ha prorogato anche per quest’anno la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici che abbiano maturato almeno 35 anni di contributi e 58 di età.

Per il personale del comparto scuola, i cui termini per la presentazione delle domande di pensionamento 2021 erano scaduti lo scorso 7 dicembre, si riapre la possibilità di accedere ad opzione donna.

Considerato, infatti, che la proroga è stata approvata con la legge di bilancio 2021 successivamente al 7 dicembre 2020, il Miur ha riaperto i termini.

La presentazione della domanda di cessazione dal servizio potrà essere fatta sino al 28 febbraio 2021. Con effetti dall’inizio rispettivamente dell’anno scolastico o accademico, cioè dal 1° settembre o dal 1° novembre 2021.

Opzione donna per le nate nel 1962

Il personale femminile docente e non docente nato nel 1962  potrà quindi andare in pensione prima (opzione donna), cioè in deroga agli ordinari requisiti normativi. Le lavoratrici dovranno però essere disposte a subire una decurtazione significativa dell’assegno pensionistico maturato.

La riduzione della pensione scaturisce essenzialmente dal sistema di calcolo che l’Inps effettuerà basandosi esclusivamente sul sistema contributivo per la totalità dei contributi versati. In linea di massima, ciò comporterà un taglio dell’assegno del 20-30%, a seconda dei casi.

I requisiti

I requisiti per avere diritto all’opzione donna sono quelli di aver maturato un’anzianità contributiva pari a 35 anni al 31 dicembre 2020 e un’età anagrafica di almeno 58 anni per le lavoratrici dipendenti. 59 anni per le lavoratrici autonome, sempre al 31.12.2020.

La pensione verrà erogata solo dopo 12 mesi dalla presentazione della domanda per le lavoratrici dipendenti e dopo 18 mesi per quelle autonome. Nel caso delle dipendenti del comparto scuola, per le domande presentate entro il 28 febbraio 2021, la decorrenza della pensione avverrà a febbraio 2022.

Il conteggio dei contributi per opzione donna

Attenzione ai contributi. Posto che il sistema di calcolo per accedere all’opzione donna è interamente contributivo, l’Inps terrà conto solo di quelle settimane coperte da contribuzione valide solo per la “misura”.

Cioè dei periodi assicurativi per i quali vi è stato un reale accredito dei contributi ai fini pensionistici.

La contribuzione figurativa per i periodi di disoccupazione, malattia, congedo parentale, ecc. è esclusa. Mentre sono compresi i periodi coperti dai versamenti volontari e riscatto del periodo di laurea. Si pensi ad esempio a una lavoratrice che nell’arco della vita lavorativa si è assentata complessivamente per 20 settimane a causa di malattia e 100 settimane per accudire i figli minori (congedo parentale). In questo caso l’Inps non terrà conto delle 120 settimane di copertura previdenziale ai fini del raggiungimento del requisito.

Il sistema di calcolo contributivo

Per il calcolo della pensioni opzione donna con il sistema contributivo valgono solo i contributi versati dopo il 31 dicembre 1995. Qualora l’assicurato non potesse farne falere a sufficienza per il raggiungimento dei 35 anni di copertura ai fini del raggiungimento dei requisiti, dovrà chiedere all’Inps la migrazione dal sistema di calcolo da retributivo a quello contributivo delle settimane lavorate (se ne ha) anche prima di tale data.

Questo perché la legge prevede che i contributi versati prima del 1996, validi per il sistema di calcolo retributivo, non possono essere presi in considerazione come base di calcolo se prima non vengono “spostati”. Da qui, la penalizzazione sull’ammontare della pensione anticipata prevista per opzione donna.