A pochi mesi dalla fine di quota 100 si intensificano i dibattiti e le tensioni fra i partiti di maggioranza per trovare una soluzione a partire dal 2022. La riforma pensioni è quindi entrata nel vivo.

Ogni soluzione prospettata finora trova il gradimento delle parti sociali, mentre lascia nel silenzio più profondo il governo. Tutti sanno che il premier Draghi non potrà dare il benestare a soluzioni che comportino altri impegni di spesa sul bilancio dello Stato.

Tagliare il reddito di cittadinanza per mantenere quota 100

Tutte le riforme delle pensioni saranno quindi ben accolte a patto che non si faccia altro debito pubblico.

Quota 100 è finora costata 11,6 miliardi di euro in più alla collettività e il debito pubblico italiano batte il record all’interno della Ue.

Quindi dove trovare i soldi per poter continuare a mandare in pensione i lavoratori a 62 anni? Il leader della Lega Nord Matteo Salvini non usa mezzi termini e suggerisce di tagliare il reddito di cittadinanza per mantenere quota 100.

Teniamo quota 100 e se dobbiamo risparmiare andiamo a tagliare sul reddito di cittadinanza, visto che il mantenimento della prima costa 400 milioni del secondo “8 miliardi“.

Una sfida che la Lega lancia al Movimento 5 Stelle che difende a spada tratta il reddito di cittadinanza, ma che non potrà certo sostenere così com’è anche nel 2022.

Mancano i soldi per la riforma pensioni

Il braccio di ferro fra i partiti di maggioranza si svolgerà quindi su questo terreno. Ma è evidente che entrambe le parti dovranno fare delle rinunce per tirare avanti. Una cosa, però, è certa: quota 100 scade il 31 dicembre 2021, mentre il Rdc no.

L’urgenza della riforma nella legge di bilancio impone quindi che si intervenga subito sulle pensioni. E quota 100, dal punto di vista politico, strettamente legata al reddito di cittadinanza. Hanno la stessa radice voluta dal primo governo Conte.

Ma hanno anche lo stesso insuccesso di fondo.

Secondo i numeri, quota 100 non avrebbe liberato spazio per creare nuovi posti di lavoro. O meglio, in tre anni ci sono state due assunzioni ogni cinque pensionamenti.

Peggio è andata per reddito di cittadinanza. I Centri per l’Impiego non sono riusciti a trovare lavoro ai percettori dell’assegno la cui funzione è strettamente legata all’inserimento dei beneficiari nel mondo del lavoro.