Lo Stato corre in aiuto ai pensionati e questa volta fa sul serio. Col nuovo decreto Aiuti previsto per agosto, il governo intende intervenire con misure diverse da quelle in precedenza adottate e che riguardavano il bonus da 200 euro una tantum.

Da un recente incontro avvenuto con i sindacanti, il premier Draghi ha aperto le porte anche a un sostanzioso pacchetto di aiuti sulle pensioni. Non più un bonus da 200 euro una tantum, ma l’anticipo della rivalutazione degli assegni 2023.

Il governo anticipa la rivalutazione delle pensioni

Come noto, le pensioni vengono rivalutate ogni anno a gennaio in base alle risultanze ufficiali dell’inflazione rilevate dall’Istat. Un passaggio tecnico e periodico che si chiama perequazione automatica.

L’unico difetto è che gli assegni sono rivalutati a posteriori di 12 mesi rispetto al rincaro dei prezzi. Come già sta avvenendo. Il che significa che chi vive di sola pensione accusa più di altri l’impatto dell’inflazione di quest’anno per una questione di ritardi nell’adeguamento degli assegni.

Così il governo, data l’emergenza economica, avrebbe intenzione di anticipare di sei mesi, rispetto al 2023, la maxi rivalutazione delle pensioni. Non in tutto, ben inteso. Anche perché i dati definitivi dell’inflazione non sono ancora disponibili, benché le previsioni la diano intorno al 7% per il 2022.

E nemmeno per tutti, ma solo a coloro che si trovano maggiormente in difficoltà. Quindi chi percepisce pensioni basse, nel limite teorico dei 35 mila euro di reddito annuo (o forse meno).

Di quanto possono crescere gli assegni

Così, in questi termini, è probabile che sia anticipata la rivalutazione delle pensioni del 50% dell’inflazione impiegando le maggiori entrate fiscali del 2022. Il resto arriverebbe a gennaio 2023. Per fare un esempio, un assegno di 1.000 euro potrebbe essere incrementato subito di 35-40 euro al mese a partire da giugno 2022. E di altrettanti soldi da gennaio 2023 recuperando un tasso di inflazione previsto dall’Istat intorno al 7-8%.

Questo avrebbe il merito di restituire sin da subito il potere d’acquisto ai pensionati senza dover aspettare l’inizio del prossimo anno. E varrebbe sicuramente di più che il bonus una tantum da 200 euro. Ci guadagnerebbe sia il pensionato che lo Stato.

Così facendo, infatti, non si stanziano nuovi fondi una tantum, ma si anticipano spese che dovranno comunque essere affrontate con la legge di bilancio di fine anno. Inoltre l’incremento della pensione sarebbe comunque soggetto a tassazione Irpef, mentre il bonus da 200 euro no.