Siamo alle battute finali della formazione delle legge di bilancio 2020, ma già si parla di riforma delle pensioni. La manovra finanziaria ha escluso qualsiasi intervento in materia pensionistica quest’anno, ma il governo scalpita per cambiare le regole della riforma Fornero già in primavera.

Sul tavolo aperto al Ministero del Lavoro c’è il tema del superamento di quota 100, la riforma voluta dalla Lega per mandare in pensione anticipata i lavoratori con 62 anni di età e 38 di contributi. Riforma che è stata introdotta in via sperimentale e che terminerà nel 2021 creando uno scalone con i requisiti previsti dalla riforma Fornero.

Lo scalone di quota 100

Andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età potrebbe quindi essere la soluzione più idonea per superare lo scalone previsto dalla fine di quota 100 nel 2022. L’ipotesi, allo studio del Ministro del Lavoro Nunzia Catalfo per riformare il sistema pensionistico e superare la riforma Fornero, ha richiamato anche l’attenzione del presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Secondo Tridico, “Quota 41 è certamente un’opzione, ma non mi piacciono le quote strettamente rigide. Dovrebbe essere affiancata a coefficienti di gravosità di lavoro, in modo da prevedere delle uscite flessibili per tutti. Ovvero, si dovrebbe prevedere un’età di uscita dal lavoro per ogni categoria”. Ci sono infatti lavori diversi. Ci sono persone che possono uscire più tardi e altre prima. Tutto il sistema dovrebbe girare attorno al sistema dei coefficienti di gravosità“

Quota 41 per tutti i lavoratori?

Così, una delle soluzioni più accreditate al momento sarebbe quella di estendere quota 41 a tutti i lavoratori. Oggi, in base alla legge in vigore e in alternativa alla pensione di vecchiaia, si può optare per la pensione anticipata con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, ma bisogna soddisfare determinati requisiti. Il primo è l’appartenenza alla categoria dei lavoratori precoci, cioè a quei lavoratori che hanno versato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età.

Il secondo è l’appartenenza a una delle categorie svantaggiate previste dalla legge, quali disoccupati, invalidi (al 74%), caregivers, o lavoratori gravosi. Solo la combinazione di questi tre fattori dà il diritto ad andare in pensione con 41 anni di contributi.

Il superamento della riforma Fornero

Quello a cui punta il Movimento 5 Stelle è quindi abolire il requisito del lavoro precoce a l’appartenenza a una categoria di lavoro usurante o gravoso. In questo modo la platea degli aventi diritto alla pensione con 41 anni di contributi si estenderebbe a molti più beneficiari. Del resto 41 anni di contributi versati non sono pochi, ma la misura andrebbe a risolvere il problema dello scalone quando finirà quota 100. Una riforma che andrebbe così a superare quanto previsto al momento dalla pensione anticipata, che permette l’accesso alla pensione indipendentemente dall’età anagrafica al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi (per gli uomini) e 41 anni e 10 mesi di contributi (per le donne).

Il problema delle risorse economiche

Il problema, però, riguarda le risorse finanziarie per poter portare avanti una riforma del genere. L’Italia è uno dei Paesi che spende di più al mondo per le pensioni e proprio in questi giorni l’OCSE ha ammonito il governo a muoversi per mettere un freno alla spesa pubblica che ha raggiunto il 16% del Pil. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, è necessario che l’Italia abolisca il sistema dei pensionamenti anticipati (quota 100) e allunghi il requisito dell’età pensionabile. Poiché le speranze di vita media si sono allungate, secondo l’OCSE, è necessario che il sistema pensionistico si adegui e che quindi l’Italia rispetti la riforma Fornero introdotta nel 2012. Qualora si intervenisse per anticipare l’uscita dei lavoratori dal mondo del lavoro, si creerebbe uno squilibrio fra entrate e uscite dell’Inps (i conti sono già sotto pressione) tali da non poter più garantire le pensioni future dei giovani lavoratori di oggi.