È caos sulla riforma pensioni 2022. Il governo ha da poco scoperto le carte proponendo un sistema di quote scaglionato nel tempo che riavvicina l’uscita dal lavoro alle regole Fornero (pensione a 67 anni).

Si parla di quota 102 dal prossimo anno (64 anni di età e 38 di contributi), per salire a quota 104 a partire dal 2024 (66 anni di età e 38 di contributi). Soglie che non piacciono alla Lega e nemmeno ai sindacati, pronti a un confronto serrato con il premier Draghi.

La proposta Tridico (Inps) per pensioni a 63 anni

Torna così in auge la proposta del presidente Inps Pasquale Tridico per una pensione flessibile, in due tempi.

Una soluzione che piace già di più a partiti e sindacati. Ma come funzionerebbe?

Una prima parte di pensione sarebbe liquidata subito, al raggiungimento dei 63 anni, ma a valere solo sui versamenti effettuati nel sistema contributivo. Cioè quelli maturati dal 1996 in poi. E una seconda parte al raggiungimento dei 67 anni, a valere sulla restante parte dei versamenti effettuati prima del 1996 cioè nel sistema di calcolo retributivo.

La soluzione avrebbe il merito di mantenere in equilibrio i conti dell’Inps e, grazie ai risparmi realizzati da quota 100 (9,5 miliardi di euro), di aprire le porte al pensionamento anticipato a molti lavoratori.

I vantaggi rispetto a quota 102

I vantaggi della proposta Tridico sono sostanzialmente due: il primo di natura economica perché lo Stato risparmierebbe più del 70% rispetto a quanto abbiamo visto con quota 100 (circa 10 miliardi di euro). In questo senso le previsioni di spesa sarebbero uguali a quelle previste dal governo per quota 102 e poi 104.

Il secondo vantaggio sarebbe di natura sociale. La proposta del Inps si baserebbe su un requisito contributivo minimo di almeno 20 anni. Il che permetterebbe a una vasta platea di lavoratori di uscire e liberare spazio ai giovani. Soprattutto nella pubblica amministrazione.

Quota 102, infatti, richiede almeno 38 anni di contributi e – secondo le previsioni – nel 2022 potrebbero lasciare il lavoro poco meno di 10 mila lavoratori.

Meno della metà, l’anno successivo. Una strozzatura che ingesserà ancor di più il mercato della occupazione in Italia.