Come ampiamente previsto, la Legge di Bilancio 2020 ha prorogato Opzione Donna anche per quest’anno. La misura di pensionamento anticipato con requisiti ridotti, riservata alle donne lavoratrici, è quindi valida anche per il 2020 per la soddisfazione di tutte quelle donne che potranno lasciare anticipatamente il lavoro.

Come precisa il messaggio Inps numero 243 del 23 gennaio, le lavoratrici che vorranno usufruire del pensionamento anticipato dovranno aver maturato i requisiti necessari entro il 31 dicembre 2019 e cioè, 58 anni di età (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi.

Le donne potranno quindi andare in pensione in deroga agli ordinari requisiti normativi, solo se disposte a subire una decurtazione significativa dell’assegno. In pratica, la pensione verrà calcolata solo con il sistema di calcolo contributivo.

Opzione donna: i requisiti

I requisiti per avere diritto all’opzione donna 2020 sono quelli di aver maturato un’anzianità contributiva pari a 35 anni al 31 dicembre 2019 e un’età anagrafica di almeno 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le lavoratrici autonome, sempre al 31.12.2019. Sarà inoltre indispensabile, per le dipendenti, aver cessato l’attività lavorativa (per il comparto scuola la domanda di cessazione potrà essere avanzata entro il 29 febbraio 2020). La pensione verrà quindi erogata dopo 12 mesi dalla presentazione della domanda per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per quelle autonome. Tale opzione potrà essere esercitata in qualsiasi momento successivo alla maturazione dei requisiti, quindi anche a distanza di mesi qualora la donna volesse proseguire con l’attività lavorativa.

Il periodo di maternità è escluso dal calcolo

Attenzione ai contributi. Posto che il sistema di calcolo per accedere all’opzione donna è interamente contributivo, l’inps terrà conto di quelle settimane coperte da contribuzione valide solo per la “misura”, cioè quelle per le quali vi è stato un reale accredito dei contributi per l’assicurato. La contribuzione figurativa per i periodi di disoccupazione, malattia, congedo parentale, ecc.

sono esclusi. Mentre sono compresi i periodi coperti dai versamenti volontari e riscatto del periodo di laurea. Si pensi ad esempio ad una lavoratrice che nell’arco della vita lavorativa si è assentata complessivamente per 20 settimane a causa di malattia e 100 settimane per accudire i figli minori (congedo parentale). In questo caso l’Inps non terrà conto delle 120 settimane di copertura previdenziale ai fini del raggiungimento del requisito per andare in pensione con l’opzione donna.

I contributi validi per la pensione

Per il calcolo con il sistema contributivo valgono solo i contributi versati dopo il 31 dicembre 1995. Qualora l’assicurato non potesse farne valere a sufficienza per il raggiungimento dei 35 anni di copertura ai fini dell’opzione donna, dovrà chiedere all’Inps la migrazione dal sistema di calcolo da retributivo a quello contributivo delle settimane lavorate (se ne ha) anche prima di tale data. Questo perché la legge prevede che i contributi versati prima del 1996 siano validi per il sistema di calcolo retributivo e quindi non valgono per ottenere la pensione aderendo all’opzione donna. In termini pratici, questa operazione può comportare una decurtazione dell’assegno pensionistico anche del 25-30%. A tal fine è quindi bene fare delle simulazioni e chiedere un estratto contributivo all’Inps (anche online) prima di presentare domanda di pensionamento.