Pensioni minime più alte dal 1 gennaio 2023. Un passo avanti verso l’obiettivo di portare i trattamenti più bassi verso la soglia di 1.000 euro entro la fine delle legislatura, come promesso da Silvio Berlusconi. Giorgia Meloni sta sostanzialmente facendo quello che la sinistra italiana non ha saputo fare in 10 anni di governo.

Dal prossimo anno le pensioni con integrazione al trattamento minimo saliranno a 570 euro. Un primo passo a sostegno di tutti i pensionati che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, vista anche l’esplosione dell’inflazione in Italia.

Pensioni minime a 600 euro dal 1 gennaio

Gran parte degli aumenti derivano dalla perequazione automatica prevista dal 2023. Cioè quel meccanismo matematico che prevede l’adeguamento annuale delle pensioni al carovita registrato nell’anno precedente. In poche parole si tratta di un aumento del 7,3%, così come previsto da un recente decreto firmato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Ciò non basterà, però, ad innalzare la soglia delle pensioni minime a 600 euro. Solo con gli aumenti della perequazione automatica si arriva infatti a 564 euro al mese. La differenza, per la quale è stato trovato un accordo in Consiglio dei Ministri, sarà stanziata con la prossima manovra di bilancio. In questo modo si sosterranno maggiormente le fasce più deboli.

Nulla sarà però finanziato a debito o lasciato al caso. A pagare il conto dovrebbero essere i pensionati d’oro e d’argento per i quali il governo sta valutando di ridurre la percentuale di rivalutazione a partire dal 2023. In sostanza chi percepisce pensioni il cui importo supera di 4 volte il trattamento minimo (525,38 euro), cioè dai 2.100 euro in su, non dovrebbe beneficiare della rivalutazione piena.

In arrivo una stretta sugli assegni alti

Di fatto è già così, ma non è abbastanza. Attualmente la legge prevede che le pensioni siano rivalutate al 100% solo fino a 4 volte il minimo.

Da 4 a 5 volte sopra tale soglia la perequazione scende al 90%, mentre sopra le 5 volte scende al 75%.

Ebbene il governo avrebbe intenzione di abbassare tali percentuali anche per recuperare i soldi necessari a sostenere Quota 103. Sempre nel rispetto della sostenibilità finanziaria delle riforme, come aveva sempre detto l’ex premier Mario Draghi. Non proprio uno stravolgimento delle aliquote, quindi, ma un abbassamento che non inciderebbe che minimamente sul potere di acquisto dei più facoltosi.

La misura potrebbe andare a colpire in particolare i pensionati d’oro per i quali è venuto meno il contributo di solidarietà. Dal 1 gennaio 2022 non c’è più questo contributo che prevedeva un prelievo percentuale sulle pensioni dai 100 mila euro in su.