Si infiamma il dibattito sulle pensioni alla vigilia delle elezioni. Il centro destra sostiene il progetto di Berlusconi per portare tutte le pensioni minime a 1.000 euro al mese. E questa sarebbe la vera rivoluzione per sostenere i redditi bassi e contrastare l’inflazione.

A ribadirlo è Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che in una breve intervista a Radio 24, ha ribadito la necessità di sostenere i redditi dei pensionati che non arrivano a fine mese. Quelli che, ben inteso, non hanno altre entrate se non quella mensile dell’Inps.

Pensioni minime a 1.000 euro, i soldi ci sono

Per Meloni, il punto non è trovare le risorse o indebitare ulteriormente lo Stato. Ma spostare la spesa da un punto a un altro dalle voci di bilancio. Dice il leader di FdI:

le pensioni minime sono inadeguate e le risorse per renderle adeguate all’aumento dell’inflazione si possano trovare in un sistema che spende circa 110 miliardi in bonus inutili e che spende 780 euro a persona per il reddito di cittadinanza”.

Come noto, il reddito di cittadinanza ha creato più problemi che benefici. Sono all’ordine del giorno le truffe che la Guardia di Finanza scopre per svariati milioni di euro. Dal Nord al Sud Italia, le fiamme gialle sono costantemente impegnate in attività diverse da quelle consuete alla lotta all’evasione.

Oltre a ciò, il reddito di cittadinanza non è servito a risolvere il problema occupazionale. Anzi, si sono venute a creare situazioni in cui molti giovani preferiscono stare a casa a godersi il sussidio pubblico piuttosto che svolgere un lavoro stagionale, anche ben remunerato.

Quanto costa la riforma

Premesso ciò, il nodo delle coperture finanziarie esiste, non lo si può negare. Pagare a tutti una pensione minima di 1.000 euro al mese è costosissimo. Ed è proprio qui il punto: per ridurre il preventivo di spesa l’idea sarebbe quella di agganciare la pensione minima ai redditi personali.

In pratica si tratterebbe di dare 1.000 euro al mese di pensione solo a coloro che ne hanno realmente bisogno e che non possiedono altri redditi. Agganciando, ad esempio, la prestazione a un determinato coefficiente Isee.

In questo senso la platea dei beneficiari si ridurrebbe numericamente di molto. E di conseguenza anche la spesa dello Stato sarebbe, a questo punto, comodamente sostenibile. Secondo le stime l’intervento potrebbe costare un terzo rispetto ai 32-33 miliardi di euro strombazzati dai media.