Si fanno sempre più insistenti le voci di elezioni anticipate a ottobre. I mal di pancia all’interno della coalizione politica che sostiene il governo fanno temere anche per la riforma pensioni sul tavolo del Ministero del Lavoro.

Il Movimento 5 Stelle sarebbe pronto a staccare la spina. Ma anche le altre forze politiche faticano ad andare d’accordo su molti temi che il premier Draghi sta cercando di far passare a forza contando sulla sua autorevolezza europea.

Elezioni politiche ed elezioni

Sul piatto della bilancia ci sono soprattutto le pensioni.

Non quelle della riforma da farsi, ma quelle dei parlamentari. Come noto, deputati e senatori maturano il diritto al trattamento di pensione dopo 4 anni e mezzo di legislatura. E a settembre ci siamo.

Non è quindi un caso che a ottobre si potrebbe votare anticipatamente per la nuova legislatura. Anche se ci sono alcuni fattori che depongono per fare in modo che si tiri fino alla scadenza naturale a marzo 2023.

In primis perché dalla prossima tornata elettorale i posti a disposizione in Parlamento saranno ridotti di un terzo e molti onorevoli non saranno rieletti. Per molti, quindi, durare sei mesi in più sarebbe comunque conveniente.

La riforma pensioni a un bivio

Ma il nodo della questione è la legge di bilancio per il 2023. In essa saranno contenute importanti novità, come la riforma della giustizia, il completamento di quella fiscale (catasto e rendite finanziarie) e quella delle pensioni.

Di queste ultime al premier Draghi interessa relativamente. Lo si è visto quando è stato presentato il Def 2022 dove, con la scusa della guerra in Ucraina, l’argomento riforma pensioni non è stato nemmeno inserito nel programma.

Ma lo si capisce anche da come stanno proseguendo le trattative con i sindacati al Ministero del Lavoro che sono a un punto morto. Da febbraio governo e parti sociali non si incontrano più per discutere dell’argomento.

E nessuno alza i toni affinché si riprenda il confronto, salvo riempire di consueto le pagine dei giornali di lamentele e indignazioni.

Il rischio, a questo punto, comunque vadano le cose, è che tutto resti allo status quo. Con la proroga delle deroghe alle pensioni Fornero già esistenti (Opzione Donna e Ape Sociale) e forse di Quota 102.