La riforma delle pensioni entra nel vivo. I sindacati hanno infatti incontrato il premier Mario Draghi per fare il punto della situazione in vista della fine di quota 100.

Sul tavolo della discussione non c’è solo quota 102, proposta dal governo, che dovrebbe sostituire per un anno quota 100 evitando lo scalone con la Fornero. C’è anche un più ampio progetto di riforma pensioni che dovrebbe durare nel tempo. Tutto da discutere, però.

Riforma pensioni: cosa propone il governo

Dall’esecutivo non trapelano che indiscrezioni su come si intende procedere nei prossimi anni.

Le indicazioni non lasciano adito a dubbi, considerata la spesa pensionistica fuori controllo dello Stato.

L’imperativo è uno solo: eliminare le pensioni anticipate. Per il bene del Paese, per assicurare un futuro ai giovani lavoratori. Non lo dice solo il governo, ma un po’ tutti, da Bankitalia, alla Corte dei Conti per finire al Ocse e Fmi.

La via per potere garantire ancora le pensioni anticipate è quella di eliminare il calcolo retributivo dalla quota mista al momento della liquidazione. In buona sostanza, penalizzare i lavoratori che intendono lasciare il lavoro prima dei 67 anni attuali.

Il meccanismo di fondo sarebbe quello adottato per Opzione Donna per il quale i contributi versati prima del 1996 verrebbero migrati al sistema di calcolo contributivo derivandone una forte penalizzazione.

Sindacati da Draghi, pronti allo sciopero se necessario

Una opzione che non piace ai sindacati, pronti a dare battaglia. Le associazioni dei lavoratori contestano sostanzialmente lo smantellamento per gradi dei diritti di chi lavora.

Le proposte alternative a quota 100 non mancano. Si va da quota 41 indipendentemente dall’età a quota 102 anche nel 2023 e oltre. Per non parlare della revisione della legge Fornero che ha agganciato (ingiustamente) l’età pensionabile alla speranza di vita.

Quello che non va proprio giù, però è il fatto che il governo riesca sempre a trovare i soldi per salvare le banche, ma non per tutelare le pensioni dei lavoratori.

Per non parlare del fatto che non si sta facendo nulla per i giovani la cui pensione futura, con le attuali regole, sarà da fame.

I nati negli anni 80, ad esempio, cioè i quarantenni lavoratori di oggi, rischiano di non andare in pensione nemmeno a 68 anni quando sarà il loro turno.