Il costo delle pensioni continua a salire e c’è il rischio che prima o poi non ci saranno più soldi per sostenerle. Non solo quelle già in pagamento, ma anche quelle che verranno liquidate nei prossimi anni ai giovani lavoratori.

Il problema della sostenibilità finanziaria delle pensioni è noto e non è solo italiano, ben inteso. In Francia, di recente, i sindacati sono scesi in piazza per protestare contro l’aumento dell’età pensionabile a 64 anni proposto dal presidente Macron. In Germania, invece, si punta a far entrare i privati in fondi pubblici con garanzia statale a sostegno dei costi pubblici in crescita.

Un fondo complementare pubblico

Il quadro non è quindi dei migliori, la previdenza complementare non decolla e difficilmente riuscirà a sopperire alle mancanze di quella pubblica. Il crollo dei rendimenti dei fondi pensione nel 2022 ha messo a nudo tutte le debolezze e i rischi delle rendite integrative per i lavoratori. Serve quindi un’altra soluzione.

Ecco quindi spuntare l’idea di un fondo di previdenza complementare pubblico per i lavoratori. Fondo aperto a tutti i lavoratori, gestito dall’Inps con la garanzia di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). L’idea arriva dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico, ma ricalca quanto già allo studio da mesi in Germania.

In pratica si darebbe la possibilità anche ai privati di partecipare a una sorta di secondo pilastro previdenziale per i lavoratori. Quindi a investitori istituzionali e no che potrebbero acquistare quote di questo fondo che sarebbe garantito indirettamente dallo Stato.

Il secondo pilastro per la pensione

Si tratta, quindi, di una proposta studiata da tempo e che andrebbe a formare quel secondo pilastro sempre più necessario per sostenere le pensioni future. Ma anche per integrare i requisiti contributivi necessari a consentire le uscite anticipate laddove potrebbe servire. In sostanza rendere flessibile il pensionamento.

Il fondo – spiega Tridico – potrebbe anche comunicare con l’Ago, il fondo obbligatorio, per consentire quella flessibilità che oggi manca nel nostro sistema tant’è che ogni anno il legislatore si esercita ad introdurre quote di anticipazione. Il fondo potrebbe intervenire nel caso in cui al lavoratore manchino anni di contributi alla pensione”.

Sarebbe a tutti gli effetti come un fondo comune di investimento da svincolare alla previdenza obbligatoria. Un vero e proprio salvadanaio da utilizzare per integrare la propria posizione contributiva consentendo di raggiungere i requisiti per la pensione anticipata.

Un fondo per i giovani o per i vecchi?

A parte che detto fondo, garantito dallo Stato, dovrebbe ancora essere alimentato dal Tfr dei lavoratori, resta da capire se lo scopo reale è quello di garantire una futura pensione ai giovani. Secondo gli esperti, il rischio è che si raccolgano soldi per sostenere le pensioni già in pagamento e difficilmente sostenibili a lungo nel tempo.

Già perché i campanelli di allarme arrivano da questa parte: le rendite attualmente in pagamento in Italia rappresentano il 16,2% del Pil con previsione di salita fino al 17% nel prossimo decennio. Solo fra 15 anni – secondo le stime – la spesa per le pensioni inizierà a scendere. Quindi non è per i giovani che si metterebbe in piedi questo secondo pilastro, ma per continuare a garantire i pagamenti delle rendite esistenti.

Rendite che continuano a essere liquidate con il sistema di calcolo in parte retributivo. Vantaggioso per il lavoratore, ma penalizzante per l’Inps. Sopra un certo numero di anni di erogazione della pensione, i contributi versati tendono a non bastare e lo Stato li deve integrare con interventi di natura assistenziale.

Per i giovani lavoratori che andranno in pensione col sistema contributivo puro questo rischio non c’è. A fronte di una erogazione dell’assegno più bassa, la spesa resterà sostenibile anche nel lungo periodo.

Le pensioni costano troppo

Dai dati Inps emerge che il costo per prestazioni previdenziali nel 2021 ha raggiunto i 312 miliardi di euro (il 16,2% del Pil). La voce che incide maggiormente sulle uscite è quella delle pensioni anticipate (il 56% del totale), seguita dalle pensioni di vecchiaia (il 18%) e dalle pensioni ai superstiti (14%). Le prestazioni agli invalidi civili rappresentano il 7% del totale e le altre due voci (pensioni di invalidità e pensioni e assegni sociali), rispettivamente, il 4% e il 2%.

In questo contesto, il governo deve necessariamente evitare che la spesa per le pensioni cresca ulteriormente nei prossimi anni. Oppure che si trovino i soldi necessari per mantenerle così come sono. Da qui l’idea del fondo complementare pubblico.