La spesa per le pensioni in Italia sta andando fuori controllo. Ne è la dimostrazione la recente Manovra finanziaria che ha ristretto le possibilità di uscita per uomini e donne con l’introduzione di Quota 103 e Opzione Donna ridimensionata.

Ma l’allarme arriva anche dall’Inps e non è la prima volta. Nel suo bilancio preventivo 2023 l’Istituto Nazionale di Previdenza ha stimato infatti un risultato economico di esercizio negativo per oltre 9,7 miliardi di euro. Lo scorso anno era positivo per 1,8, quindi c’è uno scostamento di 11,5 miliardi.

Inps, buco da 10 miliardi nei conti 2023

Colpa dell’inflazione, vero, che obbliga l’Inps a spendere di più per le pensioni. Le rivalutazioni costeranno infatti 20 miliardi di euro in più a occhio e croce per una spesa previdenziale che quest’anno varcherà la soglia dei 325 miliardi di euro per puntare verso i 350 miliardi nel giro di tre-quattro anni.

Al punto che il presidente dell’Inps Pasquale Tridico aveva già avvertito il Parlamento che, in assenza di interventi sulla spesa pensionistica e assistenziale, entro il 2029 l’Inps avrà un patrimonio negativo di 92 miliardi di euro. Soldi che dovranno essere recuperati dalla fiscalità generale e dalla contribuzione.

La perequazione automatica è sicuramente una causa del peggioramento dei conti, ma non è l’unica. A pesare sulla bilancia dei pagamenti è il numero maggiore di pensioni rispetto al previsto che occorre sostenere. In sintesi, quelle derivanti da Quota 100. Nel 2022 il numero di trattamenti liquidati è diminuito del 12,8% – secondo i dati dell’Osservatorio sui flussi pensionistici dell’Inps – dopo l’esaurimento di Quota 100. La spesa pensionistica, però, è in aumento.

Decontribuzione e occupazione

Ma il problema – spiega Tridico – è dovuto anche alla decontribuzione. La politica degli sgravi contributivi per assunzione di persone svantaggiate o per le donne e al Sud non ha portato i risultati sperati sul piano occupazionale.

Così come Quota 100, i bonus contributivi non hanno dato quella spallata necessaria alla soluzione dell’occupazione giovanile che resta un problema cronico in Italia.

Questo implica un netto peggioramento delle entrate contributive che determina, da una parte, il disequilibrio di bilancio dell’Inps.

Il rapporto tra lavoratori e pensionati è in costante calo perché non si fanno più figli. Oggi è all’1,4, fra cinque anni si prevede che questo indice arriverà a 1,3 per toccare 1 nel 2050, cioè un lavoratore per ogni pensionato. E’ del tutto evidente che le pensioni non saranno più sostenibili con questi numeri.

Le criticità maggiori riguardano la gestione del pubblico impiego – fa notare Tridico – soprattutto dopo la fuoriuscita degli statali con Quota 100. Ma quella del settore pubblico non è l’unica gestione in rosso: in perdita ci sono anche la gestione dei commercianti, quella degli artigiani e dei coltivatori diretti. E per queste ultime due il rapporto tra lavoratori e pensionati previsto quest’anno è già sotto la soglia di 1, pari rispettivamente a 0,83 e a 0,4.

Cosa resta da fare con le pensioni

A questo punto, dati alla mano, viene spontaneo domandarsi come fare a sistemare i conti dell’Inps. Posto che le entrate contributive sono in diminuzione anche a causa dei salari bassi e dalla scarsa ripresa dell’occupazione, quali sono le soluzioni? Da questo punto di vista pare inevitabile un aumento delle aliquote contributive generali, anche per via dell’inflazione.

Questo aspetto si dovrà necessariamente inserire nel quadro più ampio di discussione della riforma pensioni 2024 che il Governo ha intavolato con le parti sociali. Un passaggio molto delicato che vede già i sindacati pronti a non concedere nulla dal punto di vista dell’età pensionabile. Ma tant’è, i conti solo lì da vedere e la matematica non è un’opinione.

La riforma pensioni dovrà quindi necessariamente considerare questo delicato aspetto. Le uscite anticipate non possono più essere contemplate dal nostro ordinamento così come sono state fatte finora.

Come sostiene da sempre Tridico, è necessaria la massima flessibilità in uscita che, peraltro, già esiste ed è contemplata da Ape Sociale e adesso anche da Opzione Donna.

Pensioni: Quota 41 solo contributiva?

Il punto è anche quello di trovare una soluzione per superare, non tanto la Fornero, quanto il calcolo retributivo delle pensioni. Solo nel 2035 spariranno del tutto, ma fino ad allora continueremo a pagare eccessivamente le rendite di chi ha iniziato a lavorare prima del 1996.

Così è allo studio la pensione anticipata per tutti con Quota 41, cioè con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, ma con ricalcolo interamente contributivo. Quindi leggermente penalizzante. Ma sarà una opzione non certo un obbligo, così come lo è stato finora Opzione Donna.