Non mancano certo le motivazioni per cui l’INPS respinge la domanda di pensione anche a chi crede di essere nel diritto di poter lasciare il lavoro. E sono davvero tante queste motivazioni che portano gli interessati spesso a trovarsi nella paradossale situazione di aver completato i requisiti previsti dalla normativa vigente e non poter andare lo stesso in pensione. Spesso si tratta di cavilli normativi, mentre altre volte si tratta di ulteriori requisiti da completare oltre a quelli fissi.

“Buonasera, sono in una grave situazione. Ho già provveduto a dare le mie dimissioni perché ho raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi per la pensione anticipata. Credevo fosse tutto a posto, che dovevo aspettare solo i 3 mesi di finestra previsti dall’INPS. Invece mi hanno respinto la domanda di pensione e non capisco il motivo. Pare che ho troppi figurativi dentro. Ma che razza di ragionamento è? Sul sito dell’INPS specificano che la contribuzione utile è quella a qualsiasi titolo versata.”

Pensioni, occhio alle regole di ciascuna misura previdenziale disponibile

Tra gli errori più frequenti che commettono i lavoratori interessati ad andare in pensione c’è quello di presentare domanda e licenziarsi dal proprio posto di lavoro in maniera contestuale. Un errore da evitare questo perché sarebbe opportuno sempre aspettare la comunicazione dell’INPS che conferma il diritto alla pensione prima di lasciare il posto di lavoro. Il nostro lettore è sicuramente in buona compagnia per quanto riguarda casi di questo genere. Sono tanti i contribuenti italiani che commettono questo grave errore. Partiamo dal presupposto che il nostro suggerimento è sempre quello di presentare all’INPS la domanda di certificazione del diritto.

Purtroppo, quella che era una prassi fin quando le domande di pensione venivano presentate esclusivamente dai patronati, è diventata soltanto una eccezione da quando un contribuente può presentare domanda di pensione da solo sul canale telematico dell’INPS.

Soprattutto per le pensioni anticipate infatti servirebbe che l’INPS certificasse, per i contribuenti interessati, il diritto alla prestazione. In assenza di conferma da parte dell’INPS infatti non è raro trovarsi con contribuenti nella condizione del nostro lettore.

La carenza dei requisiti e non solo, cosa porta alla reiezione delle domande di pensione

Il nostro lettore evidentemente si trova a non aver completato tutti i requisiti utili per la pensione anticipata ordinaria. È vero che la prestazione non ha limiti di età e che sulla carta dovrebbe essere sufficiente completare la carriera contributiva necessaria. Ma è altrettanto vero che esistono alcune considerazioni da fare soprattutto per i requisiti ulteriori a quelli ordinari. Per esempio dei 42 anni e 10 mesi di contributi versati che servono a un uomo per andare in pensione con la pensione anticipata ordinaria. Almeno 35 anni devono essere effettivi da lavoro. Significa che la contribuzione figurativa da malattia o da disoccupazione deve essere ulteriore ai 35 anni.

Evidentemente il nostro lettore ha oltre 7 anni e 10 mesi di contribuzione figurativa di questo genere. Il che lo porta a non aver soddisfatto il requisito dei 35 anni di contributi effettivi. Questa è una nostra ipotesi dal momento che non abbiamo chiara la situazione del nostro lettore non avendo possibilità di accedere a quanto l’INPS ha risposto al contribuente nella reiezione della domanda.

Fondamentale è l’estratto conto contributivo INPS

Controllare l’estratto conto dei contributi prima di presentare domanda di pensione sarebbe opportuno. Questo dal momento che spesso su un estratto conto ci sono delle note che i contribuenti non considerano. Ogni periodo di lavoro e quindi di contribuzione riportata sull’estratto conto va approfondito. Spesso sugli estratti conto dei contributi dei contribuenti per ogni singolo periodo di lavoro ci sono delle note a margine. Ci sono periodi infatti che anche se riportati nel documento, non sono utili al perfezionamento dei requisiti della pensione, soprattutto di quella anticipata.

Le note sono molto importanti perché nel momento in cui si fa il calcolo per la contribuzione utile al poter andare in pensione, bisogna prestare attenzione a questi cavilli. Esistono per esempio periodi di lavoro che l’INPS deve ancora confermare e che pertanto non sono effettivi. Per questo la domanda di certificazione del diritto preventiva rispetto alla domanda di pensione vera e propria è sempre una soluzione idonea ad evitare problematiche come quelle che ha il nostro lettore.

Tante le misure che hanno vincoli e limitazioni

Queste considerazioni vanno estese alla generalità delle misure previdenziali anticipate rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria. Per esempio bisogna fare attenzione ai sotto requisiti previsti per l’Ape sociale. Se il richiedente è un caregiver, perché assiste un familiare stretto e convivente disabile, deve considerare il fatto che servono sei mesi di assistenza all’invalido. E tale assistenza prestata almeno da 6 mesi prima rispetto alla domanda di pensionamento. Chi ha iniziato a prestare assistenza all’invalido meno di sei mesi prima di presentare domanda di pensione, potrebbe trovarsi di fronte alla reiezione della domanda di Ape sociale.

Sempre per l’Anticipo Pensionistico sociale chi lo richiede per lavoro gravoso, deve considerare il fatto che tale attività deve essere stata svolta per un determinato periodo. Per almeno 7 degli ultimi 10 anni di carriera o per almeno 6 degli ultimi 7. Per esempio un edile che ha iniziato a lavorare in questo settore dopo il 2017, non può essere considerato idoneo a poter sfruttare l’Ape sociale come lavoro gravoso. Anche se ha già 32 anni di contributi e 63 anni di età, che restano i requisiti fissi per un edile per l’Ape sociale.

Disoccupati, invalidi, caregiver e tutte le cose da sapere per andare in pensione

Altre tipiche situazioni che possono portare alla reiezione di una domanda di pensione sono quelle relative alla quota 41 per i precoci.

Senza voler ripetere la condizione della contribuzione effettiva, che anche per la quota 41 è pari a 35 anni, la misura è vincolata pure da altro. Bisogna prestare attenzione a diverse particolarità. Per esempio un disoccupato per poter presentare domanda di pensione con quota 41 per i precoci deve aver completato da almeno tre mesi il periodo di fruizione della Naspi. E il periodo deve essere completato totalmente e non si può interrompere autonomamente da parte del lavoratore.

Anche le pensioni usuranti sono delicate

Un discorso di questo genere può essere fatto anche per lo scivolo usuranti dal momento che anche in questo caso il lavoro usurante o notturno deve essere svolto o per sette degli ultimi dieci anni. O per la metà della vita lavorativa. Quindi essendo necessari 35 anni di contributi versati, la metà di questi devono essere accreditati in un settore lavorativo tra quelli considerati idonei alla prestazione previdenziale.

Mai lasciare il lavoro prima se l’INPS non ha certificato il diritto alla pensione

Tanti limiti, requisiti e tanti vincoli sulle misure. Tutto questo è ciò che un lavoratore deve considerare prima di presentare domanda di pensione e soprattutto prima di licenziarsi. Infatti il concreto rischio è di diventare una specie di esodato. Un lavoratore che ha presentato le dimissioni e che ha lasciato il posto di lavoro prima di avere la conferma di poter andare in pensione, si troverà in difficoltà. E quindi senza la possibilità di accedere alla quiescenza. E pure senza reddito da lavoro.

Senza considerare il fatto che il lavoro mollato poteva essere importante. Poteva essere idoneo a completare, proseguendo nella carriera, i contributi necessari che evidentemente sono carenti alla data di presentazione della domanda di pensione. Per esempio il nostro lettore che non ha completato i 35 anni di contribuzione effettiva, se non si fosse dimesso dal posto di lavoro avrebbe potuto continuare a racimolare contribuzione fino al raggiungimento della precedentemente citata soglia.