Anche gli avvocati temono per la loro pensione. I conti della Cassa Forense, che gestisce quasi 250 mila posizioni, sono in sofferenza per mancanza di entrate. Colpa della pandemia, ma anche del calo dell’attività.

Secondo la relazione al bilancio di previsione 2022 della Cassa Forense, gli iscritti sono in continua diminuzione e le entrate contributive pure. Un numero in costante decrescita il cui trend sembra diventato irreversibile.

Iscritti alla Cassa Forense in calo

Sono al momento 245 mila gli iscritti alla Cassa Forense ma il numero è destinato a calare ulteriormente a causa della migrazione dei legali nelle fila della Pubblica Amministrazione.

Del resto, esercitare il mestiere di avvocato non rende più come una volta.

Stando ai conti della relazione emerge poi che la spesa per le pensioni degli avvocati è salita nel 2021 a oltre 903 milioni. Ma è destinata ad aumentare del 20% il prossimo anno a fronte di sempre minori introiti contributivi.

Il quadro è preoccupante perché da un lato calano gli iscritti e anche i contributi, dovuti a redditi dichiarati più bassi, mentre dall’altro aumenta la spesa per gli avvocati in pensione o che ci stanno per andare.

Pensioni avvocati a rischio

Il rischio è che anche la Cassa Forense prima o poi faccia la fine del Inpgi (la cassa dei giornalisti), cioè rischia il crac.

Una Commissione interna è stata incaricata di valutare tutte le opzioni percorribili per rimettere in equilibrio i conti. Ma sembra ormai troppo tardi anche perché molti legali alla prima occasione migrano verso la pubblica amministrazione e si cancellano dalla Cassa.

Affinché le nuove generazioni possano continuare a godere degli stessi diritti, in ottica appunto di “sostenibilità”, si rende indispensabile una mirata programmazione di azioni. La relazione al bilancio preventivo 2022 ne individua tre.

La prima è quella di combattere l’evasione attraverso la verifica puntuale del reddito degli iscritti. Secondo i dati disponibili, 35mila avvocati dichiarano reddito “zero” e quasi 60mila redditi pari a 10.300 euro.

Tutti gli altri non più di 50.000 euro all’anno.

La seconda è quella di recuperare l’evasione attraverso azioni mirate. Nell’occhio della Cassa ci sarebbero almeno 100 mila posizioni dubbie.

La terza e ultima azione sarebbe quella di riformare la previdenza forense attraverso il passaggio al calcolo della pensione con il sistema contributivo puro.