La riforma pensioni è una patata troppo bollente da maneggiare. Rivedere tutto l’impianto attualmente in vigore, complesso e iniquo, comporta troppi rischi politici per governo e i partiti che lo sostengono.

Fra nove mesi si andrà a votare per il rinnovo del Parlamento e nessuno vuole bruciarsi la possibilità di essere rieletto. A maggior ragione adesso che i seggi sono stati ridotti di un terzo. Il premier Draghi, dal canto suo, non  vuole mettersi contro Bruxelles che chiede di tagliare le pensioni.

Dalla riforma al ritocco sulle pensioni

Ciò premesso, i fatti al momento confermano uno scenario di attesa sulla riforma pensioni. Anzi, più probabile che non se ne faccia niente e si proceda con qualche ritocco, come avvenuto lo scorso anno dopo la fine di quota 100.

Tutto sarebbe rinviato al prossimo governo, nel 2023. E’ ormai c’è da crederci. Del resto non c’è nessuna urgenza. Quota 100 è già sparita e quota 102 terminerà a fine anno nel silenzio, visto che solo poche migliaia di lavoratori ne avranno beneficiato.

Cosa potrebbe cambiare allora? Dai piani alti del Ministero del Lavoro trapelano due indiscrezioni. La prima riguarda il mantenimento dello status quo con la proroga di Opzione Donna e Ape Sociale per il 2023. La seconda, invece, riguarda il pensionamento a 64 anni di età col ricalcolo contributivo.

Uscita per tutti a 64 anni col contributivo

La pensione a 64 anni contributiva già esiste e non c’è bisogno di alcuna riforma. Unica cosa, l’accesso è riservato solo ai contributivi puri, cioè ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, con almeno 20 anni di contributi.

Secondo i piani del governo, del resto già noti, il ritocco consisterebbe nel permettere anche ai lavoratori che ricadono nel sistema di liquidazione misto di potervi accedere. A loro scelta, s’intende. Come avviene per Opzione Donna dove la lavoratrice chiede la liquidazione della pensione col sistema interamente contributivo.

Inoltre, per accedere alla pensione anticipata a 64 anni occorre aver maturato una rendita pari ad almeno 2,8 l’importo dell’assegno sociale. Mentre per andarci a 67 anni basta raggiungere 1,5 volte tale importo. E in mezzo? Ebbene allo studio c’è la possibilità di concedere l’anticipo pensionistico in modo più flessibile, come segue a:

  • 64 anni con almeno 2,8 volte l’importo della pensione sociale;
  • 65 anni con almeno 2,3 volte l’importo della pensione sociale;
  • 66 anni con almeno 1,9 volte l’importo della pensione sociale;
  • 67 anni con almeno 1,5 volte l’importo della pensione sociale.