Oggi si va in pensione più tardi, forse troppo tardi. Rispetto al 1992, quando fu varata la famosa riforma Dini che mise un freno al sistema di calcolo delle pensioni basato sulla media retributiva degli ultimi anni di lavoro, le cose sono cambiate. In peggio naturalmente.

Oggi si va in pensione molto più tardi rispetto alla fine del secolo scorso. La riforma Fornero del 2011 ha allungato l’età pensionabile di vecchiaia portandola a 67 anni e agganciandola alla speranza di vita. Un salto che ha sicuramente frenato la spesa pensionistica pubblica che altrimenti avrebbe travolto il bilancio dello Stato.

Ma ha condannato i lavoratori a passare più tempo al lavoro rispetto alla prima decade del novo secolo. Un conto salato che pagheranno soprattutto i giovani lavoratori che del sistema di calcolo retributivo non sentiranno più parlare.

Speranza di vita 

Se l’età pensionabile si è allungata di una decina di anni rispetto al 1992, la speranza di vita non è cresciuta analogamente. Secondo i dati Istat, la speranza media di vita per uomini e donne in Italia è cresciuta dal 1992 ai giorni nostri di 6 anni circa. Ma si è stabilizzata negli ultimi 5 anni, a causa soprattutto della crisi del 2009.

In base alle stime 2018, è sostanzialmente stabile la speranza di vita alla nascita per entrambi i generi: 80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne. Si vive più a lungo al Nord. In ambito Ue l’Italia è al primo posto insieme a Svezia e Malta per i maschi e al quarto posto per le femmine dopo Spagna, Francia e Lussemburgo (dati 2016).

Pensioni, importo medio 1.563 euro

Al 31 dicembre 2019 i pensionati sono 16.035.165 mentre gli importi medi mensili erogati sono 1.563 euro: come media tra 1.864 euro per gli uomini e 1.336 euro per le donne. Tuttavia, quasi il 34% dei pensionati, pari a oltre 5,451 milioni, ha redditi pensionistici inferiori a 1.000 euro mensili.

E’ quanto emerge dal XIX Rapporto Annuale dell’Inps che aggiunge come oltre il 21% percepisce redditi pensionistici mensili tra i 1.000 e i 1.500 euro.

Il restante 45% ha redditi pensionistici oltre i 1.500 euro mensili (con 8% che supera i 3.000 euro).

L’importo medio è significativamente differenziato territorialmente: 1.711 euro al centro-nord e 1.410 euro al sud. Più di un terzo dei pensionati ricade nella fascia d’età tra 70 e 79 anni, ed un altro terzo dei pensionati è ultraottantenne, con netta predominanza delle donne.

Nel 1992, in pensione a 52,4 anni di età

Dal 1992, l’Istituto in media ha liquidato annualmente circa il 60% di pensioni di vecchiaia e anzianità e anticipate, il 32% di pensioni ai superstiti e il restante 8% di pensioni di invalidità. L’età media alla decorrenza delle pensioni di anzianità era nel 1992 di 55,2 anni per gli uomini e 52,4 anni per le donne, mentre nel 2019 le stesse età erano quasi riallineate (62,7 e 62,3 rispettivamente).

Viceversa, l’età media alla decorrenza della pensione di vecchiaia era nel 1992 di 59,8 anni per gli uomini e 57,3 anni per le donne, mentre nel 2019 le età di allineano a 67,3 anni.