La riforma pensioni rischia di diventare un nodo sempre più difficile da sciogliere. E quando le cose si fanno complicate, si sa, meglio tirare avanti senza modificare troppo lo status quo. In perfetto stile italiano. Anche con un eventuale governo Draghi bis.

Del resto, Draghi ha sempre detto di essere aperto a qualsiasi tipo di riforma pensioni, purché sia finanziariamente sostenibile. Tradotto, niente deficit per le pensioni. E questo a prescindere da quali forze politiche sosterrebbero un eventuale governo Draghi bis.

Riforma pensioni, cosa cambierebbe con Draghi bis

Un secondo mandato a Draghi a Palazzo Chigi, quindi, non cambierebbe lo scenario attuale. Secondo gli esperti, anche senza M5s al governo, la riforma pensioni procederebbe sui solchi già tracciati. Servirebbe tuttalpiù un cambio di legislatura per un nuovo corso.

In questo senso, il ritorno alle regole Fornero è sempre più probabile, dato che a fine anno scade anche Quota 102. E in assenza di interventi legislativi, con o senza M5s al governo, sarebbero poche le chances di vedere una riforma pensioni entro quest’anno.

Così lo strappo del M5s al governo Draghi non ha cambiato la visione delle cose. Semmai ha dato un’accelerazione a quanto era già nelle intenzioni di governo. Sarà, in questo senso, anche più facile trovare un capro espiatorio e dare la colpa al Movimento piuttosto che a tutti gli altri partiti che sostengono il premier.

La Lega preme per Quota 41

Di certo la probabile uscita del M5s dal governo e la formazione di una nuova maggioranza parlamentare darebbe alla Lega la possibilità di alzare i toni su Quota 41. Una proposta che prevede, nella sostanza, il diritto alla pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica.

Manovra che però – come spiega l’Inps – costerebbe ben 18 miliardi di euro per i primi tre anni e non sarebbe finanziariamente sostenibile.

Pertanto sarebbe stroncata sul nascere. E la Lega appare anche indebolita dopo il flop di Quota 100 per poter forzare la mano.

Meno che meno troverebbe accoglimento la proposta avanzata dai sindacati per una uscita flessibile a partire da 62 anni con penalizzazione della pensione. Anche questa costerebbe troppo in un momento così difficile per le finanze pubbliche.

Così, l’unica strada percorribile rimarrebbe quella “istituzionale” proposta dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Una proposta di pensione anticipata in due tranches a partire da 63-64 anni che costerebbe poco e sarebbe gradita a tutti.