La crisi sanitaria metterà a dura prova la tenuta del sistema delle pensioni. Inutile nasconderlo. Il crollo del Pil italiano nel 2020 avrà ripercussioni sulla tenuta dei conti previdenziali, già sotto pressione da tempo.

La riforma delle pensioni a cui sta lavorando il governo non potrà non tenerne conto. Pena la bancarotta dell’Inps. Le previsioni evidenziano già un profondo disequilibrio fra entrate e uscite e lo Stato, già super indebitato, non può essere chiamato a tamponare il sistema.

Gli esperti lo sanno bene, ma non ne parlano per non allarmare la popolazione.

Serve però che il governo intervenga e in maniera incisiva sugli assegni. Come ribadito anche dal Fmi e dall’Ocse. La spesa pensioni sta in Italia, così com’è stata strutturata finora, va cambiata. In sostanza, porre fine al regime delle pensioni anticipate e tagliare gli assegni futuri.

Pensioni, l’allarme di Bankitalia

A lanciare l’allarme anche Bankitalia. “L‘impatto della crisi pandemica sui sistemi pensionistici sarà, per lo meno nel breve periodo, significativo“. Lo ha detto Ignazio Visco, governatore Banca d’Italia, all’incontro Deutsche Bank e Università Bocconi sul tema “Gli Stati Generali delle Pensioni; Covid shock, debito pensionistico e debito pubblico”.

I sistemi a capitalizzazione – ha proseguito – risentiranno del calo registrato dai rendimenti finanziari (che riduce il valore del montante accumulato) e l’aumento della disoccupazione avrà l’effetto di ridurre i versamenti dei lavoratori ai fondi. Per quanto riguarda i sistemi pubblici a ripartizione, la riduzione degli occupati ridurrà le entrate contributive, e probabilmente aumenterà gli esborsi (chi ha perso il lavoro in questi mesi tenderà, se le regole glielo consentono, a pensionarsi)“.

Il colpo di grazia del Covid

Già prima della pandemia le prospettive dei sistemi pensionistici in molti Paesi avanzati destavano preoccupazione. Ma con l’arrivo del virus tutto è peggiorato. Impossibile al momento valutare l’impatto futuro anche perché non è dato sapere quali saranno gli effetti della seconda ondata sulla ripresa economica il prossimo anno.

Cosa c’entra questo si dirà. C’entra eccome, perché se il Pil crolla, le pensioni future scenderanno. Pochi lo sanno, ma il meccanismo di rivalutazione del montante contributivo è agganciato proprio all’andamento dell’economia. E per il 2020 il crollo sarà almeno del 9%, secondo le stime degli economisti.

La riforma delle pensioni del 1995, fatta dal governo Dini prevede proprio che il montante contributivo si rivaluti in base all’andamento del Pil. Non tutto il montante, ma solo la parte che ricade nel sistema di calcolo contributivo. Cioè per i contributi versati dal 1996 in poi.

Pensioni e variazione negativa del Pil

Finora non ci si è mai preoccupati di questo aspetto perché il Pil, a parte la crisi del 2008-2009, non è mai stato negativo. E anche perché le pensioni, in passato, venivano liquidate per la maggior parte dei casi col il sistema retributivo.

Oggi che il Pil è crollato e che le pensioni si liquidano col sistema misto, è bene preoccuparsi. La legge prevede che i contributi versati sono annualmente rivalutati in base all’andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo degli ultimi 5 anni (il cd. tasso di capitalizzazione).

Pertanto, le variazioni negative del Pil di quest’anno non impatteranno sul montante contributivo immediatamente. Ma inizieranno a farsi sentire a partire dal 2023, per cui chi andrà in pensione da quella data in poi dovrà mettere in conto una diminuzione della propria pensione.

Esistono degli ammortizzatori per attenuare l’impatto della crisi, ma non saranno sufficienti. Il governo pensa di intervenire dal prossimo anno per sterilizzare l’impatto negativo sul Pil. Ma l’impresa non sarà per niente facile anche perché il costo, nella migliore delle ipotesi, è di 3 miliardi di euro.