Sono circa 326 mila gli italiani pensionati che si sono trasferiti all’estero. Molti lo hanno fatto per motivi familiari, interessi economici, questioni climatiche e altro. Ma tanti, ultimamente, per sfruttare regimi fiscali di favore per pagare meno tasse sulla pensione. E il numero di chi sceglie destinazioni come Portogallo, Tunisia o Grecia è in costante aumento.

Recentemente il Portogallo è il Paese che ha attirato più pensionati dall’Italia. Secondo i dati Inps, da quanto Lisbona ha varato la legge che riconosce a chi si trasferisce a vivere in terra lusitana solo il 10% di tasse, sono più di 3.500 coloro che hanno lasciato il Bel Paese.

Si tratta per lo più di italiani con pensioni alte per le quali vale la pena cambiare residenza.

Chi sono i pensionati italiani che vivono all’estero

Detto questo, godersi una pensione senza tasse è un po’ il sogno di tutti. Ma solo i più facoltosi hanno effettivamente un vantaggio concreto a mollare tutto per trasferirsi all’estero. Anche se il Paese non è distante dall’Italia. Ci sono molte difficoltà da superare che, a una certa età, non è facile. Come la lingua, le usanze, i costumi, la burocrazia, la distanza dai gli affetti familiari, ecc.

La domanda che ci si pone a fronte di un vantaggio economico dovuto alla bassa tassazione è: ne vale veramente la pena? La risposta è più no che sì. Anche perché a fronte di una pensione medio alta, benché in Italia sia tassata più che in alcuni Paesi a fiscalità privilegiata, permette comunque di vivere degnamente anche da noi. Il problema, semmai, si presenta per coloro che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Ma per questi pensionati non vi è alcuna convenienza a trasferirsi all’estero.

Come fare allora? Ecco quindi che si studiano tutti i trucchi e i tranelli per tentare di aggirare la normativa e il fisco.

Pratica di cui noi italiani siamo abbastanza ferrati (vedi i numeri record dell’evasione fiscale), ma che ultimamente risulta sempre più difficile grazie allo scambio automatico di informazioni coi Paesi convenzionati (white list).

Le residenze fittizie

Così, non sono pochi i pensionati che formalmente si prendono una residenza all’estero ma poi continuano a vivere abitualmente in Italia. A volte basta un semplice contratto d’affitto o una dichiarazione di ospitalità a certificare la residenza oltre confine. E l’iscrizione all’AIRE, di per sé, non basta a dimostrare che un pensionato vive abitualmente all’estero.

Per il fisco italiano è, infatti, necessario che il pensionato trasferisca al di fuori dell’Italia tutte le proprie attività e interessi per non essere più considerato contribuente.  Non basta trascorrere almeno 6 mesi all’anno fuori dai confini. Ai fini civilistici, il domicilio di una persona è il luogo in cui essa stabilisce la sede principale dei suoi affari (art. 43, comma 1 c.c.) inteso come sede principale degli affari e interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali.

Tuttavia sono molti i pensionati che per non pagare imposte sulle pensioni in Italia acquisiscono una residenza fittizia all’estero, magari in Portogallo, mantenendo però il domicilio effettivo in Italia. Il tutto avviene anche grazie alla consulenza di specializzati studi di commercialisti che aiutano il pensionato a sbrigare tutte le formalità per trasferirsi all’estero. Tutto lecito, ben inteso, ma poi come e dove vivrà il pensionato è tutto da scoprire.

Italiani e pensioni per i residenti all’estero e controlli

Ma come fa l’Agenzia delle Entrate a sapere se un pensionato vive realmente in Portogallo piuttosto che in Tunisia anziché in Italia? Innanzitutto vi è da dire che coloro che si iscrivono all’AIRE finiscono automaticamente in una lista speciale di persone soggette a controlli. Sia da parte degli uffici immigrazione stranieri, sia da parte delle autorità consolari italiane.

Difficile, infatti, pensare che un pensionato che magari ha maturato consolidate relazioni di parentela in Italia, non abbia mai soggiornato all’estero, non conosca lingue straniere e di punto in bianco si trasferisca a vivere fuori dall’Italia. Dopo di che l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito delle misure più recenti adottate dai Paesi membri Ue nell’ambito del monitoraggio fiscale, acquisisce tutta una serie di informazioni dal Paese ospitante che vengono poi incrociate con quelle reperibili dall’anagrafe tributaria.

Basta quindi che il pensionato italiano possieda un autoveicolo, abbia un contratto telefonico o utilizzi frequentemente la carta di credito in Italia per scovare la frode (oggi coi controlli digitali automatizzati è semplice e veloce). Se poi ha bisogno con frequenza di assistenza sanitaria, è ancora più semplice per il fisco far quadrare i risultati. Di fratto, il nucleo di Polizia Tributaria della Guarda di Finanza scova e contesta ogni anno centinaia di residenze fittizie.