La nuova frontiera delle pensioni integrative in Europa si chiama PEPP. L’acronimo sta per Prodotto pensionistico individuale paneuropeo, un nuovo strumento di previdenza complementare individuale finalizzato ad integrare la pensione.

Il governo Draghi, con il decreto n. 76 dello scorso 5 maggio 2022, ha dato via libera all’attuazione del regolamento europeo n. 1238 del 2019 che istituisce il PEPP. Ogni Stato membro lo può adottare per acconsentire l’integrazione della pensione.

Il fondo pensione integrativo europeo (PEPP)

Ma di cosa si tratta esattamente? Il PEPP non è altro che un fondo pensione integrativo simile a quelli che già conosciamo.

In pratica il lavoratore sottoscrive un piano di accumulo individuale che consente di ottenere una piccola rendita supplementare da affiancare a quella pubblica.

Il PEPP è un prodotto che viene fornito dalle compagnie di assicurazione, ma si caratterizza per la portabilità in tutti i Paesi dell’Unione Europea. In pratica, può essere sottoscritto in un Paese e poi completato in un altro, a seconda delle esigenze e degli spostamenti dei lavoratori.

Con il PEPP si aggiunge quindi maggiore flessibilità e versatilità al piano di accumulo della pensione integrativa. Ci si può spostare liberamente di residenza e godere anche della rendita nel Paese di destinazione finale.

Caratteristiche e benefici fiscali

Il PEPP è quindi destinato in particolare ai lavoratori mobili e ai giovani che si spostano con frequenza all’interno della Ue. Non è però possibile utilizzare il TFR per alimentare i versamenti. Al pari di tutti gli altri fondi pensione, la prestazione può essere erogati in diversi modi:

  • rendita;
  • capitale erogato in un’unica soluzione;
  • prelievo;
  • combinazione delle precedenti.

I contributi del PEPP sono versati dai lavoratori su base esclusivamente volontaria ma danno diritto a importanti benefici fiscali. I versamenti sono deducibili dal reddito dichiarato fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno.

La rendita maturata ai fini della pensione è soggetta a imposta sostitutiva del 20 per cento, al pari di tutti gli altri fondi pensione.

Il governo è però al lavoro per modificare questa imposizione nell’ambito della delega per la riforma dei fondi pensione da attuare entro il 2022.