Le pensioni anticipate sono più alte di quelle di vecchiaia. Ne consegue che lo Stato spende di più. Ne va anche del principio secondo il quale più si tarda a uscire dal lavoro, maggiore sarà la pensione.

Ad analizzare l’andamento dei conti è l’Osservatorio sulle pensioni dell’Inps che analizza i flussi di pensionamento del 2021. Dal rapporto “prestazioni pensionistiche e beneficiari del sistema pensionistico italiano” si denota un forte squilibrio fra pensioni anticipate e di vecchiaia.

Un lavoratore su due in pensione anticipata

Nel 2021 sono state liquidate 815.461 pensioni di cui 377.150 sono anticipate e rappresentano il 46,25% del totale.

Quasi una prestazione su due, nel complesso, è quindi liquidata in deroga ai requisiti ordinari previsti dalla legge Fornero.

Indubbiamente quota 100 e Opzione Donna hanno avuto un peso determinante nel conteggio finale delle prestazioni. Il che conferma il trend ad uscire dal lavoro prima della maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi ordinari.

In altre parole, chi può, ha lasciato il lavoro in fretta e furia anche in previsione di un prossimo intervento sul sistema pensionistico. Quota 100 è andata in soffitta e Opzione Donna pare avere i mesi contati.

Importo medio doppio per chi lascia in anticipo

Ma quello che sorprende è l’importo mensile delle pensioni anticipate. L’assegno risulta infatti mediamente più alto di quelle di vecchiaia. Secondo i dati Inps le pensioni di vecchiaia decorrenti nel 2021 registrano un assegno medio di 864 euro al mese mentre quelle anticipate hanno segnato 1.944 euro.

Un divario enorme che a prima vista desta forte preoccupazione. Ma la differenza è presto spiegata: per accedere a quota 100, ad esempio, era necessario aver maturato almeno 38 anni di contributi, requisito che molti potevano far valere al raggiungimento dei 62 anni di età.

Di conseguenza la pensione di vecchiaia a 67 anni è stata liquidata a coloro che non possedevano il requisito contributivo dei 38 anni. In questo caso il requisito di anzianità contributiva scende a 20 anni.

Lo stesso dicasi per Opzione Donna per la quale servono almeno 35 anni di contributi versati.

Ne deriva che la differenza con la pensione anticipata è dovuta sostanzialmente alla quantità di contributi versati e non all’età di accesso alla prestazione. Tant’è che, a parità di anzianità contributiva, la pensione sarà più alta coi requisiti ordinari piuttosto che con quelli anticipati.