Il sistema pensionistico italiano è oggi in evoluzione. Anche perché il nuovo Governo Meloni pare seriamente intenzionato a metterci le mani e a rivoluzionarlo rispetto al passato. Il 2023 e la sua Legge di Bilancio sono passati lasciando indenne il sistema, praticamente ritoccandolo soltanto con piccole modifiche. Una nuova misura in sostituzione di una vecchia, cioè quota 103 al posto di quota 102. Alcune variazioni anche su Opzione donna che comunque è stata prorogata. E disco verde anche al rinnovo dell’Ape sociale. Troppo ristretti, però, i tempi per varare una profonda riforma delle pensioni partendo da un Governo che si è insediato soltanto sul finire del 2022.
Per questo tutte quelle che possono essere considerate delle velleità di riforma delle pensioni slitteranno al 2024. E ci sono lavoratori che già si chiedono se sia o meno il caso di attendere buone nuove evitando di andare in pensione subito. Anche perché effettivamente ci sono delle misure che se sfruttate nell’immediato, possono imporre dei vincoli che non possono essere eliminati cambiando prestazioni in futuro.

La richiesta di chiarimenti giunta in redazione

“Buonasera, mi chiamo Mattia e sono un lavoratore in procinto di verificare le sue possibilità di andare in pensione oltre che un appassionato di previdenza che si informa costantemente sulle possibilità offerte dal sistema. Proprio alla luce di questa mia passione ho letto che uscendo con la quota 103 adesso, anche se a dire il vero potevo uscire già con la quota 102 lo scorso anno, potrei trovarmi nella condizione di non poter più lavorare nell’azienda di mio figlio. Se non ho capito male vige il divieto di lavorare per chi esce dal lavoro con la quota 103. Sarebbe il caso forse di attendere il 2024 magari sfruttando la quota 41 per tutti in modo tale da poter continuare comunque a dare una mano a mio figlio nella sua attività senza essere assoggettati a vincoli che incidono in maniera pesante sulla mia pensione?”

Tutti i vincoli delle pensioni di oggi e perché a volte attendere è meglio

Effettivamente il quesito del nostro lettore è un quesito molto interessante e molto importante che ci permette di affrontare un discorso che spesso è sotto traccia.
Dal momento che non tutti sanno che alcune prestazioni di pensione anticipata spesso presentano delle limitazioni, meglio approfondire. E la quota 103 come una volta la quota 100 e la quota 102 non fanno certo eccezione in fatto di limitazioni. Una delle limitazioni forse sottovalutata è quella che impone con la nuova quota 103 il divieto di cumulare redditi di pensione con i redditi da lavoro. È lo stesso limite che hanno avuto in questi anni sia la quota 100 che la quota 102. Limiti che hanno un’unica eccezione nella lavoro autonomo occasionale, anch’esso però, a sua volta limitato a massimo 5.000 euro l’anno. In pratica, chi esce con una delle pensioni per quotisti, sia con la nuova quota 103 che con le vecchie quota 100 e quota 102, deve essere assoggettato al divieto di cumulare questi redditi, e il divieto vale per tutti gli anni di anticipo, quindi fino ai 67 anni di età.

Vincoli non solo per la pensione con quota 103

Ci sono altre misure che non presentano questo genere di vincoli, come può essere l’Ape sociale. Per età e contribuzione versata, ma non come platea di riferimento, il nostro settore sembra poter rientrare anche in questa misura. In questo caso, con l’Ape sociale, il lettore potrebbe continuare a lavorare per suo figlio, come lui stesso sottolinea. E senza essere quindi assoggettato a quel vincolo che con la quota 103 è praticamente automatico. Ma anche l’Ape sociale non è esente da limiti e vincoli e, in alcuni casi, forse anche maggiori rispetto a quelli della quota 103. Con l’Ape sociale il nostro lettore perderebbe una mensilità di pensione.
Prenderebbe un mese di pensione in meno dal momento che l’Ape sociale non prevede la tredicesima mensilità. Inoltre si tratta di una prestazione che non è reversibile in caso di decesso del beneficiario, che non si adegua alla perequazione ogni anno. Ed è una misura che non prevede l’applicazione della maggiorazione sociale, della integrazione al trattamento minimo e degli assegni per il nucleo familiare. Inoltre, con l’Ape sociale l’importo della prestazione non può essere superiore a 1.500 euro lordi al mese.

Cosa fare con la pensione?

A 64 anni pensione o reddito di cittadinanza nel 2023, ma davvero si può scegliere?
Consigliare a un lavoratore di proseguire l’attività lavorativa per rimandare la pensione all’anno successivo non è certo la cosa più semplice da poter fare. Anche perché il riferimento che il nostro lettore fa alla quota 41 per tutti è oggi soltanto una mera ipotesi. Infatti la misura non è ancora stata varata ed escludendo il fatto che se ne parli, nulla è ancora sicuro. E’ naturale che come misura, la quota 41 per tutti, dovrebbe nascere sulla falsariga della pensione anticipata ordinaria. E quindi senza limiti di età e senza vincoli di platea la situazione migliorerebbe nettamente rispetto alle prestazioni di pensionamento anticipato prima citate. Nel momento in cui un lavoratore esce con la quota 100, con la quota 102 o con la quota 103, o con altre misure di questo genere, non potrà fare passi indietro e scegliere misure diverse.

Una volta scelta la pensione, resta quella

Ciò che vogliamo dire è che una volta usciti dal lavoro con una misura, questa resta quella fino alla fine. Solo l’Ape è una misura temporanea. E le limitazioni di queste misure resteranno a vita o nella migliore delle ipotesi fino al compimento dei 67 anni di età e della pensione di vecchiaia ordinaria. L’Ape sociale è una misura temporanea che si prende proprio fino ai 67 anni di età, quando il beneficiario deve sostituire la pensione con l’anticipo pensionistico a carico dello Stato con la pensione di vecchiaia ordinaria.
La quota 103, come tutte le altre prestazioni per quotisti, invece, è assegnata a vita, anche se le limitazioni finiscono a 67 anni di età. Quindi, una misura una volta percepita rimane quella a vita, e l’unica cosa che cambia al compimento dei 67 anni di età è il fatto che la limitazione sulle attività lavorative viene meno.