Per le pensioni nel 2023 chi smetterà di lavorare prima? Lo farà chi è più anziano? Oppure lo farà chi ha lavorato per più anni? Sono questi, infatti, gli interrogativi in vista del prossimo anno. Specie nel caso in cui per la revisione/riforma strutturale della previdenza pubblica dovesse esserci un rinvio.

In particolare, per le pensioni nel 2023 c’è da risolvere il nodo relativo alla flessibilità in uscita. Come superamento della Quota 102 che, ad oggi, dovrebbe essere valida solo per il 2022. Così come c’è in ballo, proprio per chi ha lavorato per più anni, la possibile introduzione e istituzione della Quota 41 pura.

Per le pensioni a partire dal 2023, smetterà di lavorare prima chi è più anziano o chi ha lavorato per più anni?

Per le pensioni a partire dal 2023, la Quota 41 pura è una misura caldeggiata dai Sindacati di Cgil, Cisl e Uil. Ed appoggiata pure da partiti che sostengono attualmente la maggioranza di Governo. Su tutti la Lega che è guidata da Matteo Salvini.

Per le pensioni 2023 con la flessibilità in uscita, invece, attualmente siamo fermi alla proposta formulata dal Governo italiano prima dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe.

Ovverosia, la pensione anticipata dal prossimo anno con l’assegno INPS interamente ricalcolato con il sistema contributivo. Ma c’è in ballo pure la pensione anticipata in due tempi. Vediamo come funziona nel dettaglio.

Come andare in pensione dal prossimo anno con l’assegno INPS in due tempi

La prima quota di pensione, con il contributivo, a 63-64 anni per le pensioni 2023 con la flessibilità in uscita. E poi la quota calcolata con il retributivo a 67 anni. È questa, in estrema sintesi, l’ipotesi di pensione in due tempi. Per quella che è una proposta formulata nei mesi scorsi da Pasquale Tridico, ovverosia dall’attuale presidente dell’INPS.